"Zampette che frugavano raschiando sul legno. Un rotolare di corpi
soffici, un brusio quasi impercettibile. Unghie affilate che si
impigliavano sulla plastica che avvolgeva i vestiti fuori stagione.
Il bambino aprì gli occhi nel buio. I suoni provenivano dall'armadio.
Un miagolio sottile e dolcissimo giunse fino alle sue orecchie. Un'anta cigolò aprendosi. Due occhi gialli brillarono nella notte.
Voleva chiamare la mamma, ma la voce non veniva fuori, cacciata fin dentro il corpo dalla paura che lo paralizzava. Voleva accendere la luce, ma la distanza tra le coperte e l'interruttore era troppa e intorno c'era il buio, vuoto e pericoloso, fiocamente illuminato da quegli occhi gialli che lo fissavano e dai quali non riusciva a distogliere lo sguardo, come se fosse prigioniero di una malia.
Si trattava di un gatto, sicuramente, si trattava di un gatto, ma a casa sua non c'erano gatti, non c'erano mai stati gatti.
Una voce spezzò l'incantesimo. Era gentile, imbarazzata, veniva dall'armadio:
"Miao, mi scusi tanto" gli occhi luminoso scrutavano intorno, la loro luce si affievoliva sfumando nel verde. "Devo aver sbagliato uscita."
L'anta dell'armadio, come si era aperta, si richiuse e il gatto scomparve."
Il bambino aprì gli occhi nel buio. I suoni provenivano dall'armadio.
Un miagolio sottile e dolcissimo giunse fino alle sue orecchie. Un'anta cigolò aprendosi. Due occhi gialli brillarono nella notte.
Voleva chiamare la mamma, ma la voce non veniva fuori, cacciata fin dentro il corpo dalla paura che lo paralizzava. Voleva accendere la luce, ma la distanza tra le coperte e l'interruttore era troppa e intorno c'era il buio, vuoto e pericoloso, fiocamente illuminato da quegli occhi gialli che lo fissavano e dai quali non riusciva a distogliere lo sguardo, come se fosse prigioniero di una malia.
Si trattava di un gatto, sicuramente, si trattava di un gatto, ma a casa sua non c'erano gatti, non c'erano mai stati gatti.
Una voce spezzò l'incantesimo. Era gentile, imbarazzata, veniva dall'armadio:
"Miao, mi scusi tanto" gli occhi luminoso scrutavano intorno, la loro luce si affievoliva sfumando nel verde. "Devo aver sbagliato uscita."
L'anta dell'armadio, come si era aperta, si richiuse e il gatto scomparve."
Inizia così "I Gatti negli armadi", romanzo fantastico scritto da Oreste Brondo, edito da 0111 Edizioni.
A ben guardare, tutto è partito da queste parole. Leggete questo bel libro, e ne converrete.
I Gatti negli armadi - Oreste Brondo - Zerounoundici Edizioni
Il Cavalier Baggiani è il datore di lavoro della maggior parte degli
abitanti di Bagnamare ed è anche proprietario della maggior parte delle
abitazioni, sicché i bagnamaresi sono in buona parte allo stesso tempo
suoi dipendenti e suoi affittuari. Un giorno il cavaliere aumenta gli
affitti del 30%. Per molte delle famiglie si profila la rovina. A
partire da questo evento ha inizio una ribellione pacifica ma
inesorabile, che comincia con una serie di visite misteriose da parte di
gatti dotati di parola che convincono gli inquilini a lasciare gli
appartamenti. Intere famiglie si trasferiscono con il loro armadio
nell'isola ecologica dove nasce un villaggio dalle strane regole, la cui
vita sembra guidata dal buon senso, ma anche da qualcosa di magico.
I gatti sono i messaggeri del sogno, gli armadi, sepolti nel terreno
dell'isola ecologica, con le ante rivolte al cielo, sono le porte che
introducono a un mondo nuovo, migliore, che assomiglia ad un universo
fantastico. Il "Re dei Gatti", il capo di questo nuovo bizzarro
villaggio, è un personaggio a metà strada tra il "Pifferaio Magico" e il
"Cappellaio Matto"; sorridente, cordiale, risponde all'arroganza con
gentilezza, sfornando dolci e leccornie servite dai gatti che escono
dagli armadi così come uscirebbero dalla migliore pasticceria di
Bagnamare. Con cui rabbonisce, sorprende e incanta i rappresentanti
delle forze dell'ordine e dell'Esercito mandati di volta in volta dal
Cavalier Baggiani per sgombrare l'area dell'isola ecologica, e
ripristinare l'ordine delle cose. Perché non ci sono in gioco soltanto
gli affitti perduti e le fabbriche a corto di personale; anche i
principali esercizi commerciali e negozi, dove i bagnamaresi fanno la
spesa, spendendo i soldi guadagnati nelle sue fabbriche, sono di
proprietà del cavaliere. E invece nell'isola, al'improvviso, sembrano
non aver più bisogno di nulla. Escono dagli armadi puliti e cambiati,
freschi e riposati: dalle ante escono cibarie di ogni genere, con cui
spesso si festeggia, si mangia e si danza, riscoprendo il senso della
comunità.
Un ottimo esordio letterario quello di Oreste Brondo,
insegnante della scuola primaria che si occupa anche di formazione degli
insegnanti, in particolare di didattica della scienza e della
matematica, con un grande sogno in testa che coltiva ogni giorno: avere a
che fare con i bambini e con i ragazzi, lavorare con loro, coltivare
insieme il piacere della scoperta e della lettura. E infatti "i Gatti
negli armadi" nasce dal costante confronto e lavoro di gruppo con i suoi
ex alunni di quinta quando insegnava a Napoli. Loro hanno contribuito a
costruire la storia che Oreste gli raccontava a puntate, di volta in
volta, aiutandolo a svilupparla.
Le vicende narrate,
trasfigurate in materia fantastica, sono profondente autobiografiche,
vissute dall'autore in prima persona, per questo il racconto, nella sua
oniricità, risulta ben amalgamato e convincente, finendo con il divenire
avvincente.
A partire dalla figura del Cavalier Baggiani, i cui
modi ricordano il direttore generale della fabbrica Italtel di Carini
(PA) dove Oreste ha lavorato come tecnico per alcuni anni; nella stessa
figura del De Nittis, il primo a licenziarsi dalla fabbrica del
cavaliere per inseguire un altro modello di vita, sembrano scorgersi le
sembianze dell'autore, che ad un certo punto si è licenziato e ha girato
l'Italia per fare l'insegnante. La stessa vicenda da cui prende spunto
la narrazione, degli affitti così cari da gettare nello sconforto, e
minare alle fondamenta una possibilità di vita serena e dignitosa, è
stata vissuta da Oreste in prima persona, appena trasferitosi a Napoli.
Quando, con uno stipendio di settecento euro mensili si ritrovò un anno a
Napoli a pagare, a causa di un aumento immotivato, 550 euro al mese per
un bivano di 25 metri quadrati. Alle presentazioni del suo libro Oreste
racconta anche un altro episodio: la proposta di affitto, da parte di
un intellettuale di sinistra napoletano, che gli propose una miserabile
stanza a casa di sua madre senza diritto di usare il telefono, a
cinquecento euro perché la casa si trovava al Vomero.
Da un punto
di vista squisitamente letterario affascina la scelta dell'autore di
usare un genere letterario antico (la favola) per raccontare
problematiche contemporanee, profondamente attuali. Arrivando a
sferrare, in modo giocoso e onirico, surreale, una feroce e serrata
critica al capitalismo che sembra aver ormai imbucato una strada senza
ritorno; arrivando ad un consumismo sfrenato, che produce alienazione,
nevrosi, tensione. Dove non si lavora più per vivere, ma si vive per
lavorare, riuscendo a malapena a sopravvivere, tra mille preoccupazioni,
riducendosi a comportamenti, stereotipati come tanti automi. Smarrendo
la dimensione relazionale, collettiva e sociale. Mortificando la propria
sfera interiore, fatta di sogni.
Sintomatico, e altamente
simbolico, che la rivoluzione pacifica parta, e di fatto si svolga,
all'interno di un'isola ecologica, ovver il "cimitero" di quel
consumismo sfrenato che affligge la nostra società contemporanea. Il
luogo dove si butta di tutto, dagli scarti all'inutile, diventa di colpo
l'arena del riscatto, della riscoperta del sogno, della rottamazione
dell'egoismo per giungere alla rinascita di una dimensione collettiva e
sociale. A ben guardare anche questo rimanda ad una scena di vita
vissuta, apparsa agli occhi di Oreste, che lui ama definire
"suggestione": due signori attempati, seduti ad un tavolino in un’isola
ecologica, che serenamente giocavano a carte, sorseggiando una birra,
circondati da mobili che sembravano fare da arredamento ad una bizzarra
abitazione a cielo aperto. Ecco svelato l'arcano capace di mettere in moto tutto l'apparato fantastico che da vita al romanzo.
Una favola per adulti e adolescenti lettori, dal forte contenuto
socio-psicologico; una favola altamente democratica, profondamente,
intimamente egalitaria.
Vi svelo l'ultimo arcano. Alla
presentazioni del suo libro Oreste ama citare l'art. 3 della
Costituzione della Repubblica Italiana, quella "costituzione" di cui
tutti parlano, ma pochi ricordano.
"Tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
"La storia narrava di piccoli dei che somigliavano a pulci di mare che
nell’oceano inspiegabile con dei legnetti, dei refoli di vento, e delle
gocce di schiuma sfuggite alla risacca, costruivano una terra
meravigliosa, sulla quale cominciavano a danzare gli uomini, le donne, i
bambini e gli animali, e acqua fresca sgorgava da fonti inesauribili, e
gli animi affaticati si placavano di fronte alla bellezza del mondo e
ogni cosa era nel giusto posto.
Narrava poi di periodi oscuri in cui, da altri luoghi, emersero gigantesche, potenti e risolute divinità, che cominciarono a spezzare le montagne, a contare le nuvole e a catalogarle, a disporre del tempo e dello spazio secondo un disegno preciso, periodi scuri nei quali la felicità era proibita. E narrava di come i piccoli dei, fragili come libellule al vento maestrale, furono costretti a conservarla, a nasconderla dentro un minuscolo vaso di creta fragilissimo, continuamente in pericolo, e di come alla fine un po’ ne rimase, abbastanza comunque da poter ricominciare da capo, con fatica, senza smettere mai un attimo di pensare, di credere che tutto avrebbe potuto essere come forse un giorno era stato, oppure anche diverso, ma sicuramente meglio di così, e ricominciare di nuovo da un refolo di vento, dalla schiuma di un onda, da un frammento di sabbia, da una forza piccolissima contro una forza immensa."
Narrava poi di periodi oscuri in cui, da altri luoghi, emersero gigantesche, potenti e risolute divinità, che cominciarono a spezzare le montagne, a contare le nuvole e a catalogarle, a disporre del tempo e dello spazio secondo un disegno preciso, periodi scuri nei quali la felicità era proibita. E narrava di come i piccoli dei, fragili come libellule al vento maestrale, furono costretti a conservarla, a nasconderla dentro un minuscolo vaso di creta fragilissimo, continuamente in pericolo, e di come alla fine un po’ ne rimase, abbastanza comunque da poter ricominciare da capo, con fatica, senza smettere mai un attimo di pensare, di credere che tutto avrebbe potuto essere come forse un giorno era stato, oppure anche diverso, ma sicuramente meglio di così, e ricominciare di nuovo da un refolo di vento, dalla schiuma di un onda, da un frammento di sabbia, da una forza piccolissima contro una forza immensa."
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