venerdì 26 maggio 2017

In mezzo alla fiaba


Poesia e Fiaba. Due generi letterari molto diversi tra loro, che in profondità condividono molte più cose di quanto possa apparire in superficie. Quel senso di meraviglia e stupore, magia e incanto, persino terrore e sgomento, con il cuore che batte e balza in gola, come svoltare l'angolo di corsa e trovarsi di fronte un dirupo. Senza preavviso.


Calarsi in "mezzo alla fiaba" con la poesia. Un viaggio che profuma di azzardo, certo, eppur così ricco di fascino. 


Ce lo dona Topipittori, editore sensibile come pochi altri alle interrelazioni tra il mondo della poesia e quello dei ragazzi.
 
A calarsi nei meandri della poesia è Silvia Vecchini, poetessa navigata e raffinata, costantemente alla ricerca di quegli echi provenienti dai fondali dell'anima. A lei il compito ardito di intessere poesia e fiaba, portare alla luce i frammenti acuminati e fluidi di quell'incontro, proibito e magico, negli abissi del tempo e dell'animo.

 

Qui entrano in gioco le illustrazioni di Arianna Vairo, che si costituiscono a loro volta racconto compiuto, enigmatico. Esemplari nella scelta cromatica minimale che alterna bianco e nero, rosa e azzurro, con epitaffi di rosso; colori che sembrano argini in cui incanalare il flusso fiabesco, nel suo impeto onirico. Colori usati in modo netto, a demarcare figure che si animano e sembrano sgusciar via, quasi a voler sfilacciare il tessuto fiabesco che le ha tenute a lungo impigliate.


E qui inizia il gioco dei sensi alla scoperta di nuovi significati, camminando tra le fiabe di un tempo, rincorrendo voci e ricordi lontani, ancora oggi attuali.


 "In mezzo alla fiaba" - Testi di Silvia Vecchini, Illustrazioni di Arianna Vairo - Topipittori

mercoledì 17 maggio 2017

La corsa giusta



"Io continuavo ad allenarmi. D'estate mi facevo certe salite di campagna da tagliarti il fiato. Mi facevo quelle salite nell'aria ferma, senza vento, e pedalata dopo pedalata mi arrampicavo ancora.

Mentre andavo sentivo le cicale che chiamavano, Gino, Gino, e allora mi ricordavo quelle fughe tra gli ulivi con gli ebrei nascosti sotto il culo, e sorridevo. E poi pensavo che la guerra s'era presa gli anni più belli, ma lo stesso ero contento di tutto quello che ero riuscito a combinare."

A volte le "grandi storie" non bastano da sole, c'è bisogno di qualcuno che le sappia raccontare. Facendoci appassionare dell'uomo che si cela dietro il personaggio storico.




Di Gino Bartali sappiamo molte cose. Fu uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi. Vinse molto, anche se avrebbe potuto vincere ancora di più se alcune contingenze storiche più grandi di lui (il Fascismo, le leggi razziali, la Seconda Guerra Mondiale) non lo avessero spesso fermato nei suoi anni migliori, salvo poi trovarsi di fronte, quando tutto sembrò normalizzarsi, il grande rivale di sempre, Fausto Coppi. Sappiamo anche che alcune sue vittorie ebbero un'importanza tale da valicare i confini sportivi, come quella del Tour de France del 1948, quando l'Italia era sui piedi di una insurrezione civile, per l'attentato a Palmiro Togliatti. Sappiamo infine, che la sua più grande impresa ciclistica fu extra-sportiva, profondamente umanitaria, quando, facendo la spola tra la Toscana e l'Umbria (Assisi) portando documenti segreti tenuti nascosti nella canna della bicicletta sotto la sella, riuscì a salvare qualcosa come 800 ebrei, negli anni delle persecuzioni naziste. Per questo ricevette nel 2013 il riconoscimento di "Giusto tra le Nazioni", la massima onoreficenza concessa dallo Stato di Israele per i non ebrei che hanno rischiato la propria vita per salvare la vita anche di un solo ebreo, oltre alla Medaglia d'Oro al Merito Civile, consegnata postuma alla moglie Adriana.

Questo è un aspetto che non tutti conoscono, perché

«Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all'anima, non alla giacca ».



Ma dell'uomo Bartali cosa sappiamo, a parte il suo leggendario carattere burbero e schivo, che non disdegnava la querelle?

Bartali ebbe tanto dalla vita (nulla che non si sia sudato, beninteso), fu anche messo a dura da essa: quando gli morì il fratello Giulio, falciato da un auto proprio mentre stava disputando una gara ciclistica; oppure quando perse il secondogenito, nato morto. 

E' sulla vita del ginettaccio nazionale che Antonio Ferrara imbastisce un bel romanzo che alterna ritmo e contemplazione, ironia e commozione. E tanta, tanta poesia, soprattutto quando descrive il rapporto con la compagnia di una vita, la sua amata Adriana. Un rapporto fatto di silenzi, sguardi, pazienti attese. Questa è una qualità propria dello scrittore Ferrara, che ho avuto già modo di apprezzare leggendo "Harry", là dove descrive il rapporto di Houdini con la moglie Bess. 

Poi ci sono alcuni "siparietti", al limite del dissacrante, che danno brio al racconto che piace e diverte:

"In sacrestia c'era già quello con la faccia bianca, che s'infilava la mano nelle mutande, rimestava un po' per cercare la chiave, poi la trovava, la tirava fuori, guardava a destra e a sinistra, furtivo, apriva la credenza delle reliquie sante, ci nascondeva dentro i documenti, richiudeva e s'infilava di nuovo la chiave nelle mutande, rimestando ancora un po' per sistemarla bene. Soltanto a quel punto facciabianca mi sorrideva e mi tendeva la mano per stringere la mia.
Ora io non è che non volessi stringergliela la mano, solo che pensavo che un uomo, anche se frate, prima di stringerti la mano dovrebbe evitare di ravanare tra gli zebedei, perché non è che sia una cosa tanto fine
".

e ancora:

"Seduto al tavolo lungo di legno, là sotto il crocefisso, con la tazza in mano, mi sentivo sempre un po' a disagio, devo dire, perché ogni volta da là sopra Gesù diceva cose sconce che non mi aspettavo.
Una volta disse lo so che è strano, facciabianca, Gino, devi avere pazienza, ma guarda che è uno coraggioso, è uno con le palle.
Ma io già lo sapevo, questo, perché lo vedevo che facciabianca la chiave la nascondeva proprio là
".

Ma in fondo scrivere per ragazzi è anche e soprattutto questo, senso del ritmo e tanto equilibrio, come quando cammini su un muretto, basta sbilanciarsi di poco e si cade a terra. Solo che Antonio Ferrara sul muretto ci palleggia anche. Come accidenti faccia, lo sa solo lui. Ma è solo così che le storie di un tempo arrivano fresche e intatte ai giorni nostri.



Antonio Ferrara - La corsa giusta - Coccole books

Copertina con elaborazione grafica su foto storiche di Sandro Natalini