giovedì 5 luglio 2018

La stanza del lupo




Le nuvole

Vanno
Vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio

(Fabrizio De André - Le nuvole)

Così Nico si sdraia a terra, e gioca con Claudia a lasciar sfilare le nuvole con lo sguardo. E gli sembra di toccare il cielo con un dito.  La vita odora di sogno, d'amore, profuma di limone. Forse è solo un'illusione. Nico conosce un altro tipo di nubi, invisibili all'occhio umano; cupe e minacciose, offuscano l'animo. Sono quelle nuvole lì che, "quando si fermano", scatenano violenti temporali interiori; braccano il cuore, lo azzannano come farebbe un lupo, togliendo il respiro.    


Attraverso la figura di Nico conosciamo la rabbia ferina, violenta, che colpisce come una furia cieca. Un sentimento primordiale, che sembra riportare l'uomo allo stato brado, animale. Capace di far saltare per aria ogni tentativo relazionale, da quello iniziale tra genitore e figlio. E' un istinto che si antepone ad ogni lettura logica, è una forza che sovrasta, non puoi prenderla di petto perché ti schiaccia. Allora devi aprire finestre per respirare, e costruire ponti, per attraversarla indenne. E, se sei fortunato, trovare qualcuno che ti ascolta e riesce ad apprezzarti per quello che sei, come Claudia. E magari persino capace di stanare dal buio i colori che albergano in te, come il professor Dalì.

Poi c'è la storia di Leo che, seppur profondamente intrecciata a quella dell'amico protagonista, vive di una propria autonomia narrativa. Attraversa il romanzo come una meteora che marchia il cielo, lo infiamma, per andare a schiantarsi, seguendo, imperturbabile, la sua traiettoria. C'è una feroce coerenza narrativa nella parabola tracciata intorno a questo ragazzo,"cazzone" per indole e per vocazione, dall'inizio alla fine. Leo perde il contatto con la realtà, confonde il coraggio con l'incoscienza, scommette con la vita. In cambio di cosa? Non ci è dato saperlo, ma quante giovani meteore si bruciano con leggerezza per un briciolo di visibilità? 



"La stanza del Lupo" di Gabriele Clima colpisce il lettore con la potenza di un tornado, mandando i suoi pensieri in frantumi. Lasciandolo sbigottito, attonito. Sopravvissuto. E' un libro che attraversa la selva oscura dell'animo umano per piantarvi un fiore; quel fiore, pregiato, è la scrittura del suo autore. Delicata, emotiva, intensa. Empatica. In una parola, preziosa.

"La stanza del lupo" - Gabriele Clima - San Paolo

Coda (senza pianoforte)

Ricordo un pomeriggio della mia tardo-adolescenza, vivevo spesso rintanato in camera; in un periodo di profonda solitudine scrissi una poesia sulla "rabbia". Allora la immaginai come un vino, un sentimento liquido che sorseggi a poco a poco; qualcosa di mutevole, capace di avvolgere e impastare l'animo. Uno stato d'animo che seduce e inebria infine ubriaca, offuscando la lucidità. Ma la rabbia, in fondo, è anche un rimedio, seppur parziale e fallace, contro l'apatia, quel devastante senso d'inedia che ogni tanto si impossessa della mente e la fiacca. Una forma di resistenza per restare in vita, quando un feroce senso di incompiutezza ti bracca.


Rabbia

Sgorga...
sversata
precipita...
colma...
ondeggia...
...si posa.
Ancora oggi
nelle serate
rosso rubino
l'unico modo
che ho
per ubriacarmi
di vita.