"Li abbiamo chiamati “Pianeti”. L’idea era quella di
papà scarabocchiata sul foglio ma io l’ho perfezionata:
nove biscotti di grandezza e colore diversi. Tutti
coloranti naturali. In ogni pacco devono esserci tutti e
nove più alcuni doppioni. E il Sole naturalmente. E un
razzo tipo lo Sputnik. E un’astronave aliena. Questa
l’ho voluta io.
Papà diceva: - Che c’entra un’astronave?
Allora gli ho dovuto spiegare che i bambini vogliono un pizzico di magia. E cavoli, anch’io ne ho bisogno.
E forse serve a tutti.
- Anche a te. Altrimenti perché faresti questa cosa dei
biscotti?
Vedere le cose come sono va bene, certo. È indispensabile.
Ma un’astronave aliena, perché no? Perché non
si può sognare, credere che accada un avvenimento
straordinario? Che tutti quelli della fabbrica tornino a
essere indispensabili per esempio?
Questo a papà non l’ho detto ma alla fine l’astronave
l’ha messa lo stesso."
papà scarabocchiata sul foglio ma io l’ho perfezionata:
nove biscotti di grandezza e colore diversi. Tutti
coloranti naturali. In ogni pacco devono esserci tutti e
nove più alcuni doppioni. E il Sole naturalmente. E un
razzo tipo lo Sputnik. E un’astronave aliena. Questa
l’ho voluta io.
Papà diceva: - Che c’entra un’astronave?
Allora gli ho dovuto spiegare che i bambini vogliono un pizzico di magia. E cavoli, anch’io ne ho bisogno.
E forse serve a tutti.
- Anche a te. Altrimenti perché faresti questa cosa dei
biscotti?
Vedere le cose come sono va bene, certo. È indispensabile.
Ma un’astronave aliena, perché no? Perché non
si può sognare, credere che accada un avvenimento
straordinario? Che tutti quelli della fabbrica tornino a
essere indispensabili per esempio?
Questo a papà non l’ho detto ma alla fine l’astronave
l’ha messa lo stesso."
Siamo all'ultimo capitolo di questo libro, e mi piace sottolineare questo
passo, perché "veder le cose come sono" è davvero importante, ma a
volte non basta. Bisogna metterci altro. Del proprio. Anzi, alle volte è
necessario "mettercela tutta". In fondo è a queste persone che il
libro è dedicato.
Così fa Viola, la protagonista del racconto; ma così in fondo fa anche suo
padre, sua madre, suo nonno, la signora Clara; ma anche Selvaggio, Martina,
Alberto. Chiunque si "muove" in questo libro finisce per fungere,
direttamente o indirettamente, da sprone all'altro, creando i presupposti
affinché questi tiri fuori da sé il meglio. In tal senso è un libro
profondamente "relazionale", e mette anche a nudo, con profonda e
spietata sincerità, proprio quei deficit relazionali che si vengono a creare
tra le persone. In famiglia, tra gli amici, tra gli abitanti dello stesso
palazzo. Relazioni che talvolta appaiono come ingranaggi di una catena di
montaggio, dove basta un granello, un piccolo intoppo a bloccare tutto; ma se
poi tutti iniziano a muoversi in sincronia e all'unisono, la catena riparte,
poi quel che produce è di gran lunga superiore alla somma dei tanti singoli
sforzi.
E' anche un libro "generazionale", nelle relazioni di fabbrica che si
disgregano, negli scioperi dei bei tempi che furono, ai tempi dello Statuto dei
Lavoratori e dell'articolo 18, nella riflessione amara del ...."che mondo
abbiamo lasciato".
Quello che è certo, è che Silvia Vecchini in questo libro
ha compiuto un grande prodigio letterario; in 60 pagine ha infilato un tale
spaccato di vita sociale contemporanea, straordinario nella sua normalità; e ha
saputo farlo con delicatezza, e mano ferma. E' una storia del quotidiano che
procede a spirale, dove ci si rincorre l'un l'altro, vorticosamente; e la magia che
ne scaturisce, ricade come pioggia di luce su tutti i protagonisti, che escono
graziati, rinfrancati e benedetti, da questo magico moto.
Le illustrazioni di Antonio Sualzo Vincenti sono dei
magnifici "fermo immagine" in questa cineteca di emozioni;
sottolineano con discrezione, senza arrestare, questa vorticosa girandola narrativa.
I due si capiscono al volo, come Viola e Selvaggio, basta un semplice
sguardo. Chi tira chi, rimane un dettaglio. Resta il fatto che questo libro mi
ha profondamente commosso.
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