mercoledì 26 luglio 2017

Un'estate da cani


".. i suoi occhi verdi erano gentili e ci trovai comprensione e un sorriso d'incoraggiamento. Si può trovare un sorriso negli occhi di qualcuno? Credo di si. Accade quando non c'è motivo di sorridere con le labbra, non c'è motivo di sorridere a un mondo spietato ma si vuole sorridere all'animo di qualcuno per dargli speranza".

Un fresco ruscello che attraversa questa estate torrida. Così mi sento di definire "Un'estate da cani", l'ultimo romanzo di Giuliana Facchini edito da Notes. Un racconto che carezza lasciandoti una gradevole sensazione addosso.

Ginevra, detta "Ginni", è una ragazza di quattordici anni (meravigliosi, detto con "ironia"), che si trova a passare l'estate in un piccolo paese con i suoi nonni. E qui sembrano maturare tutti i presupposti per annoiarsi, sebbene i nonni di Ginevra siano delle persone "sui generis", lettori incalliti, amanti di gialli, che ogni mese organizzano a casa loro, con i propri amici, delle "Cene con delitto" ricche di indizi, interrogatori e presunti colpevoli.  Intendiamoci, Ginni adora i suoi nonni che l'hanno cresciuta, essendo figlia di una ragazza madre a soli 17 anni, e che oggi, alle porte dei "trenta" è nel pieno della sua carriera giornalistica. Soprattutto con nonna Marisol ha un rapporto speciale; ma una ragazza di 14 anni anni vorrebbe legittimamente stare con i suoi coetanei, a condividere esperienze e tormenti consoni alla propria età.


Un giorno, passeggiando per il paese ("delizioso", sempre detto con ironia), nota qualcosa di strano. C'è un accalcamento di persone intorno al piccolo fiume che lo attraversa, persone che si danno la mano calandosi in acqua per recuperare.... qualcosa, forse qualcuno. Un cane, malridotto e spaventato, dalle zampe sanguinanti. Tra la folla che si è venuta a creare nota qualcuno, un ragazzo, con le "mani da musicista", la custodia rigida di una "chitarra", uno zainetto e un sacco a pelo, che si toglie la felpa per asciugare e accarezzare il povero cane. Ginevra non può fare a meno di notare quei gesti, e attribuirgli un significato intimo e profondo, ancorché indefinito. Arriva il vigile, soprannominato "Stappo" che si fa carico della situazione chiamando Pietro, il gestore di un rifugio per animali abbandonati, chiamato "Canile Paradiso". Pietro è nipote di Anteo, un anziano signore che fu cacciatore e un giorno decise di mollare tutto, trasformando la propria cascina in un canile, cui si dedicò per anni con grande amore, arrivando a diventare un punto di riferimento per la comunità del luogo. Poi Anteo si ammalò di cancro, e sottoposto a cicli di terapie dolorose non fu più in grado di gestire la struttura, che passò nelle mani del nipote.

Intanto Ginevra perde di vista il ragazzo, e tutto sembra finire li, quando un giorno, passeggiando, vede un cartello che indica il "Paradiso". Anche se lei non sa nulla di cani e non prova un particolare trasporto per essi, la curiosità la porta a seguire l'indicazione e andare a vedere quel cane salvato il giorno prima. Sarà l'istinto da segugio ereditato dai nonni "giallisti"? Sarà che quel cane è l'unico indizio che può ricondurlo al misterioso ragazzo? Fatto sta che nulla è come sembra, e Ginevra scopre che il "paradiso è in realtà un inferno", un "canile lager" dove gli animali sono abbandonati a se stessi senza cibo, in un ambiente che odora di morte. Pietro si intascava i contributi pubblici fingendo di prendersi cura degli animali, poi lasciati abbandonati a sé stessi. Questo fatto la sconvolge. Tornando in paese, trova il misterioso ragazzo suonare per strada racimolando le elemosine, e lo invita a mangiare qualcosa in un'osteria locale. 


I due iniziano a parlare, sebbene Oscar (il ragazzo) sia molto restio a raccontarsi. Ad ogni modo comprende che lui vive suonando per strada, si arrangia dormendo all'aperto all'addiaccio, pur ignorandone la ragione, così decide di ospitarlo di nascosto nel fienile dei nonni. Gli racconta del canile lager, ed entrambi escogitano un piano per far fuggire il cane salvato il giorno prima, medicarlo, pensando nel frattempo ad un escamotage per denunciare la situazione alle autorità senza andarci di mezzo. I due ragazzi riescono nell'intento e salvano il cane (Gandalf), poi ne salvano altri due (una levriera maltrattata che chiameranno Legolas e un piccolo cucciolo che chiameranno Frodo); nel frattempo va avanti il confronto emotivo e conoscitivo tra i due ragazzi e alla fine Oscar rivela la natura del suo peregrinare, nata da un dissidio con suo padre, che gli ha imposto gli studi facendogli passare in secondo piano la sua passione per la sua musica, da lui considerata come passeggera e veniale. Così Oscar, con l'aiuto e la copertura di un suoi amico, fingeva di andare in vacanza da lui e invece finiva con l'andare in giro per strada a suonare, assecondando la propria passione. Finché un giorno a causa di un furto, perde il cellulare e i documenti. Alla fine i genitori scoprono l'inganno e vanno alla ricerca del figlio disperso. 

Ginni e Oscar finalmente escogitano il loro piano. Lei va da Anteo a prendere le chiavi del canile, dicendo che gliele ha chieste suo nipote Pietro. Lui va da Luisa (un'amica di Anteo, volontaria in diverse associazioni animaliste) con la scusa che Pietro la vuole su al canile che deve parlarle. Quando Luisa arriva al "Paradiso" trova il cancello aperto e l'orrendo spettacolo davanti, e chiama la Municipale. E sopraggiunge Stappo, ancora una volta, a risolvere la situazione.



Mentre il racconto sembra avvallarsi verso un tranquillo finale, avviene il colpo di scena, con le sirene spiegate della Polizia che irrompe a casa dei nonni di Ginevra, nel bel mezzo di una "Cena con delitto", dall'auto esce infuriato il padre di Oscar che chiede di sapere dove la nipote tiene nascosto sui foglio. Perbacco, che giallo! E' successo che Oscar, rimasto senza cellulare a causa del furto, aveva chiesto a Ginevra di prestargli il suo per contattare l'amico che lo teneva nascosto (ma nel frattempo era stato smascherato); così il padre ha chiamato il numero, costringendo Ginevra a rivelargli tutto, finendo per ricomporre il quadro. Perché il padre di Oscar è veterinario (di qui le attitudini del figlio a prendersi cura degli animali feriti e maltrattati), e una volta scoperto che lui si era preso cura di quegli animali indifesi, svanisce la rabbia e monta l'orgoglio di famiglia, per l'ottimo lavoro fatto seguendo le proprie orme.

"Scappi per suonare la tua musica e ti ritrovo a curare bestie ferite!", disse compiaciuto, convinto di aver ragione. 

Alla fine Ginevra svelerà il motivo che l'ha condotta a scrivere la storia, ma questo non ve lo svelo, se volete saperlo dovete leggervi il libro che io ho già indugiato troppo a svelarne la trama e i suoi protagonisti.

Io faccio un passo indietro, quando Ginni alza lo sguardo verso l'amico, trovandolo assente.

"Si era rifugiato in quel mondo dove spesso noi ragazzi scappiamo quando gli adulti ci mettono alle strette. E' un mondo statico, una camera di decompressione per quelli di noi che non spaccano tutto a calci per superare una difficoltà. Ci chiudiamo in noi stessi, abbiamo bisogno di un luogo dove riprendere fiato o smaltire la rabbia. Da quel mondo si esce pronti per nuove battaglie o piegati al volere degli adulti. Oscar avrebbe continuato a lottare per diventare un musicista oppure avrebbe accontentato i suoi genitori?

Cosa mi porto dentro di questo libro?

Sicuramente il personaggio di Ginevra, fresco, limpido, dirompente e preciso come una goccia che scava la roccia, pur nella sua adolescenziale inesperienza. Questo è un racconto che tratta in modo dichiarato e aperto il tema del "prendersi le proprie responsabilità". Ginevra se le prende tutte, senza tentennamenti e senza colpo ferire. Dona ospitalità ad un suo coetaneo, fuggito dalla sua famiglia, perché si trova solo in mezzo ad una strada. Sottrae di nascosto dei cani da un lager, con tutti i rischi che questo comporta, perché sono maltrattati e hanno bisogno di cure, meditando sul modo migliore per denunciare l'accaduto. Arriva a calpestare i propri sentimenti svelando ai genitori di Oscar il suo nascondiglio, perché la famiglia possa ricomporsi, e lui finalmente smetterla di fuggire,  per tornare a difendere le proprie ragioni. Ginevra combatte a viso aperto per quel che le sembra giusto, senza sconti e senza alibi, eppure ha solo 14 anni, sebbene in cuor suo si senta "una gregaria, una poco coraggiosa".

Un'altra cosa che mi è piaciuta è il carteggio generazionale che emerge dalle riflessioni che Ginni elabora ascoltando e vivendo l'esperienza di Oscar.

"Pensai che Oscar fosse un poeta, oltre a esser un bravo musicista. Era dotato di una sensibilità tutta sua che lo rendeva fragile e forte. Quello che forse gli adulti non capiranno mai è che noi ragazzi possiamo credere in qualcosa e questo ci dà la forza di realizzarla. Gli adulti sono spesso depressi, parlano male del loro Paese, della società, della politica, ma a noi ragazzi non interessano queste cose perché abbiamo i nostri sogni. Non so se un giorno sarò madre: mi spaventerebbe  avere una figlia come me o un figlio come Oscar. E se dovessi dimenticare quello che ero? E se non sapessi più leggere negli occhi dei ragazzi perché ragazza non sarò più?"

E a me ritornano in mente le fatidiche parole che Giuliana scrisse, all'indomani del Bologna Children's Book Fair, sul suo blog:

"Un altro mio sguardo sugli adolescenti, ancora la mia voglia di raccontarli senza mettermi al loro posto, anche se un po’ vorrei starci nonostante tutto."

In tutto questo l'autrice ci mette il suo solito stile elegante e scorrevole, che crea storie nelle storie, tasche narrative all'interno del romanzo stesso (le "Cene con delitto" hanno una loro piccola autonomia letteraria nell'economia del racconto come la ebbe lo sviluppo del racconto noir di Orma Rossa e le seguenti vicissitudini di Tessa  in "Io e te sull'isola che non c'è"); c'è la consueta commistione di stili, la passione per il "giallo" e il gioco dei riferimenti letterari più svariati (in "Io e Te" le fiabe di Andersen e un certo ascendente dickensiano, qui il fantasy del Signore degli Anelli mescolato a Sherlock Holmes), e un certo modo di osservare i ragazzi che trae spunto dall'osservazione diretta nel loro habitat naturale.

E' un libro che esorta ad avere fiducia nei nostri ragazzi.

"La fiducia. Ah! La esigono, ma non te la danno, te la devi conquistare con le unghie e con i denti. Per i nostri genitori rimaniamo sempre bambini e nn è facile dimostrare loro che siamo pronti a camminare da soli".

Forse Ginevra dei cani non sa nulla, ma ha imparato presto e a proprie spese a fare i conti con la vita. E allora grazie a Ginevra, e grazie a Giuliana, per avercela fatta incontrare.

"Un'estate da cani" - Giuliana Facchini - Notes - Illustrazione in copertina di Cinzia Ghigliano

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