sabato 20 gennaio 2018

Casa Lampedusa


"Casa Lampedusa" l'ho letto questa estate, sulla spiaggia, di fronte all'immensità del Mar Ionio, accarezzato dalla musica placida delle onde. Ma il mare non è sempre messaggero di bellezza e poesia, le sue acque raccontano quotidianamente storie di spavento e morte. Così Lev Tolstoj, nel primo dei suoi "Quattro libri di lettura", descrive il mare:

"Il mare è vasto e profondo; del mare non si vede mai la fine. Nel mare il sole sorge, e nel mare tramonta. Il fondo del mare, nessuno l'ha mai raggiunto, e nessuno lo conosce. Quando il vento non c'è, il mare è azzurro e liscio; quando soffia il vento, subito il mare si agita e scroscia. Si sollevano, là nel mare, le onde; un'onda corre dietro l'altra; si uniscono insieme, si urtano, e sprizzano una schiuma bianca. Allora i bastimenti vengono sbattuti di qua e di là dalle onde, come se fossero schegge di legno. Chi non si è mai trovato in mezzo al mare, non può sapere che cosa vuol dire raccomandarsi a Dio".



In un'isola come Lampedusa, il mare è un elemento imprescindibile. Ti cinge e ti abbraccia, ti assedia e ti circonda, ti bracca, ti da lavoro e ti sfama, non ultimo, riversa sulle tue coste le problematiche di chi, a torto o a ragione, spesso a rischio della propria vita, si affida alle sue acque in cerca di fortuna. Che spesso, la vera fortuna, consiste nella sopravvivenza stessa. La storia di questo libro inizia da qui, dal'accoglienza nei confronti di chi questo mare ha attraversato a suo rischio e pericolo, per garantire un futuro alla propria famiglia, quel futuro che la terra d'origine non era più in grado di dargli.

Ammetto di aver letto con grande curiosità questo libro che parla di una problematica di stretta attualità, che, neanche a dirlo, spacca letteralmente in due le opinioni della gente. Ma Antonio Ferrara ci si è tuffato con la consueta naturalezza, non si è fatto mettere il sale sulla coda dal buonismo, tanto meno dalla retorica spicciola. Antonio non nasconde le difficoltà che nascono dalla paura della diversità, tutt'altro, mostra come l'accoglienza e l'integrazione non possono prescindere da una forte dose di volontà. Di comprendere e capire, per poter davvero aiutare. Khalid non fa nulla per rendersi simpatico, anzi a tratti appare agli occhi del lettore piuttosto irritante nelle sue esternazioni. Che paiono davvero inopportune, nei confronti di chi ti prende in casa.

"Nel mio paese le brave donne non si truccano".

"Nel mio paese le donne stanno a casa a preparare, non vanno a lavorare".

Ci vuole senso pratico nel maneggiare le questioni spinose, la prima volta si abbozza, la seconda si risponde con calma e fermezza: "da noi le donne lavorano". E fine della discussione.

Salvatore fa davvero fatica a comprendere:

"Non era bello mangiare con uno che a tavola diceva sempre no", oppure

"Non lo sopportavo quando faceva così. Era antipatico. Si vedeva che se ne fregava, delle persone. Non era facile vivere con lui, voglio dire, non era mai contento. E poi anche di notte mi dava fastidio, per tutto il gran russare che faceva. Per non parlare di tutto lo spazio che prendeva. Non riuscivo proprio a capire perché dovessimo tenerci in casa un tipo così".

Questo il tenore dei pensieri di Salvatore, per dire che chi scrive non indora la pillola, e non presenta le cose più facili di quanto in realtà siano.

Come sempre accade in questi casi, è tra "pari" che ci si comprende, e ci si aiuta. Salvatore è animato dal desiderio di comprendere gli atteggiamenti di Khalid, e le ragioni della sua fuga, dei suoi silenzi, dei suoi rifiuti.

"Perché sei fuggito dal tuo paese, Khalid?"

"Davvero vuoi saperlo Salvatore?" "Si.".

"Sei sicuro?" "Si."

E lui solleva la maglia, con le sue ferite non rimarginate, da cui si vede la carne viva, le atroci sofferenze e le torture inflittegli dai soldati, nel tentativo di estorcergli  dove teneva nascosti i suoi familiari. E Salvatore comprende anche perché Khalid non mangia il pesce. No, non è un precetto religioso, sua moglie e sua figlia sono morte cadendo in acqua dal barcone, e a quest'ora se le saranno sicuramente mangiate i pesci del mare. Per questo lui non mangia pesce. Così, quella sera stessa, Salvatore rifiuta di mangiare il polpo col sugo, il suo piatto preferito.

Dalla conoscenza scatta l'amicizia e l'aiuto reciproco, cosi Khalid prova ad insegnare a Salvatore a nuotare, anche se non è facile vincere la paura del mare; strano ma vero, lui è l'unico isolano che non è ancora capace, e questo pensiero lo tormenta. Khalid lavora sulla testa, prima ancora che sulle braccia, e spiega a Salvatore che non puoi dire di non essere capace a fare una cosa se non provi, e il coraggio uno lo misura quando il pericolo gli capita davvero.

Tra colpi di ironia e situazioni reali da fronteggiare, la narrazione procede che è una bellezza, avvincente e spedita, ci si diverte e ci si ferma un poco ad osservare le complessità e le stratificazioni di un mondo iniquo che da un lato si intreccia, dall'altro si sfilaccia. C'è il solito Ferrara delle battute che fanno ridere, come quando Salvatore fa cadere a terra un bicchiere di vetro al buio, Khalid lo calpesta e si infila le schegge sul piede, e saltella e urla:

"Minchia! Minchia! Minchia!" e

"anche se non era il caso a me scappò da ridere, perché pensavo che il tipo era proprio bravo e veloce a imparare le lingue, sia l'italiano che il siciliano, voglio dire".


E poi ci sono i libri che aprono gli occhi e lo sguardo sul mondo, per questo servono le biblioteche per ragazzi e le librerie, sull'isola non ne avete nemmeno una, "ma come fate senza i libri?"

Abbiamo i libri di scuola, che sono anche troppi. Eh no, Salvatore, quelli non c'entrano niente, servono i libri che uno legge per amore, mica per dovere.

Lodevole l'impegno dei volontari, che seminano bellezza con passione, e costruiscono la biblioteca.

Lo sai cosa sono i "silent book" Salvatore?

Cosa sono i "libri silenziosi"? Io non li ho mai sentiti parlare i libri!

"I silent book sono i libri senza parole, solo con le figure!"

"E a cosa servono?"

"Ad essere letti da tutti, qualunque sia la lingua che parlano quelli che leggono! E vanno bene anche per i piccoli che non sanno leggere!"

E con le cassette di frutta si costruisce una biblioteca colorata, e i libri iniziano a profumare, di mele, fragole e banane.

E' bello leggere certe storie, quando a scriverle sono autori come Antonio Ferrara. Con quella scrittura che avvolge come un'onda:

"Sulla sabbia arrivai stremato, mi tirai su a fatica, presi in braccio la bambina, la consegnai a quelli della capitaneria e poi crollai per terra. Mi stesi a faccia in su sulla sabbia senza forze, col fiato grosso, coi vestiti zuppi, e a braccia larghe, sorridendo, ammirai le stelle alte e tremolanti sopra Lampedusa. Mi guardavano e dicevano: "Bravo Salvatore, Bravo". E pensai che aveva ragione Khalid; il coraggio te lo misuri quando c'è il pericolo. Pensai che adesso i miei compagni a scuola, avrebbero fatto a gara a sedersi nel banco accanto al mio. Pensai che avevo Annarita. E poi pensai una cosa strana, dolce, bella e nuova: che, per cercare di aiutare un altro che aveva bisogno ed era spaventato, ti dimenticavi di aver paura tu, e come niente diventavi coraggioso".

"Casa Lampedusa" - Antonio Ferrara - Einaudi

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