lunedì 20 novembre 2017

Peppino Impastato, una voce libera


"In Sicilia il cielo è un po' più azzurro che negli altri posti. I profumi sono più intensi. Il cibo è un po' più buono. Le persone invece sono come da tutte le altre parti: a volte sono brave, a volte no. A volte stanno zitte, oppure gridano. Ma capita ogni tanto che tra tutte quelle voci se ne alzi una un po' speciale. Una Voce capace di farsi sentire nella confusione e di spezzare il muro compatto del silenzio. Ecco, Peppino era proprio così. Aveva una Voce che non potevi fare a meno di ascoltare. E che, dopo, ti risuonava nella testa per giorni. "

Chiunque abbia creato la Sicilia, sia esso il Padreterno o Madre Natura, ci si è messo di impegno. Ma qui come altrove, è spesso bastato l'intervento dell'uomo a vanificare le cose. Ecco allora che si sono costruite autostrade piene di curve dove potevano andare dritte, o si sono costruiti aeroporti su "strisce sospese tra acqua e roccia" costantemente battute dal vento, dove è assai pericoloso far atterrare gli aerei, tutto questo per una mera questione di terreni e malaffari. 

Davide Morosinotto sceglie di raccontare la storia di Peppino Impastato focalizzandosi sui suoi ultimi giorni di vita. Usa il punto di vista di un ragazzo, Totò, di 12 anni; un ragazzo che, fino ad allora, la parola "Mafia" non l'aveva mai sentita pronunciare, ignorandone, pertanto, il significato;  poi un giorno, accade qualcosa. E' il matrimonio di sua cugina Luisa; nel bel mezzo del ricevimento piombano alcuni signori ben vestiti, con gli occhiali scuri, che si avvicinano al padre dello sposo, e lasciano in regalo una cravatta con un avvertimento, pronunciando parole sinistre: "ma non stringa troppo Don Nino ... ". L'atmosfera cambia di colpo, da festosa diventa cupa, Don Nino si dispera, fino a quando il padre di Totò non si avvicina, dicendogli di non era il caso di preoccuparsi, che con Don Tano ci avrebbe parlato lui. Totò non comprende cosa sia accaduto, però intuisce che quella cosa lo riguarda, se suo padre è intervenuto in quel modo. Poco dopo arriva un altro segnale, alla radio, mentre si sta intrattenendo con i suoi cugini Michele e Maria, e con i camerieri: dalla radio sente una voce, che irride Don Tano Badalamenti, "la persona più importante di Cinisi, e quando mio padre ne parlava  lo faceva con attenzione, come se il suo nome fosse accompagnato da un segno della croce". Insomma, uno che meno si nomina, meglio e più a lungo si vive. Ma chi è quella voce che dice quelle cose? La curiosità di Totò aumenta, ed esplode casualmente il giorno che accompagna clandestinamente la cugina Maria in uno scantinato eletto a sede del centro "Musica e Cultura", fondato sempre da Peppino Impastato, la misteriosa voce. Totò vede ragazzi suonare musica sconosciuta, ascolta Rino Gaetano con la "voce che gratta", i "Pink Floyd", i più "squinternati di tutti", Bob Dylan che canta che il vento sta per cambiare: "La risposta amico, puoi sentirla nel vento". Si respira davvero vento di rinnovamento in quella piccola stanza chiusa e affollata, sembra un controsenso, ma li si respira nuova musica, una nuova idea di cultura, discorsi che agli occhi di Totò aprono nuovi mondi. E si parla, senza paura di mafia, di quel che c'è da fare per cambiare. E' un attacco a tutto campo quello che Peppino Impastato lancia alla mafia locale, arrivando a candidarsi per Democrazia Proletaria alle prossime, imminenti, elezioni comunali. Già, la mafia, ma Totò non ha ancora capito cosa sia. Allora Maria con la vespa lo accompagna in un luogo da cui si domina l'autostrada, tutte curve: "Ogni curva adesso mi sembrava un sorriso storto, beffardo. Una presa in giro che aveva salvato qualcuno e aveva condannato qualcun altro." Un giorno Totò accompagna il padre all'aeroporto di Punta Raisi a prendere un cugino di ritorno dall'America. E vede con i propri occhi la difficoltà degli aerei ad atterrare quei giorni in cui soffia forte il vento, con il rischio di schiantarsi contro le montagne oppure finire in mare. E capisce che quello non è il luogo adatto per costruire un aeroporto. Al padre pone una domanda innocente: "Papà, ma perché lo hanno costruito qui?".  "E cosa vuoi che ne sappia, non sono mica un ingegnere", risponde seccato il padre. E a lui viene spontaneo chiedergli: "E' stata la mafia?". E si becca un ceffone. Sono solo sciocchezze che gli mettono in testa i cugini, tuona il padre.  Ora Totò capisce, davvero. Capisce di aver toccato un nervo scoperto. La mafia esiste, davvero, e qualcuno desidera che non se ne parli. Però manca ancora un tassello. Come fa Peppino Impastato a dire quelle cose su Don Tano, cosa ne sa lui? Decide di togliersi la curiosità un venerdi quando, invece di andare al catechismo, si precipita con la propria bicicletta a Terrasini, dove c'è la sede di Radio Aut, da cui Impastato conduce la sua trasmissione "Onda Pazza". E pone le sue domande direttamente a Peppino. E scopre che lui la mafia ce l'ha avuta in casa, che suo padre era un mafioso che lui ha rinnegato e combattuto, a costo di non parlargli più. Scopre che il padre fuggì in America, e quando fece ritorno in paese fu assassinato. Totò se ne va via con quelle parole che gli fischiano nell'orecchio: "E li scoprii che la mafia non era l'unico modo di vivere. Non era obbligatoria, si poteva stare senza, anzi di più: si poteva combattere".


Totò sceglie da che parte stare, lo fa maldestramente, combattendo con le proprie paure e una sensazione di inadeguatezza, ma fa la sua scelta. Così un giorno, quando vede quei strani signori in casa sua a conversare con suo padre, e li ascolta parlar male di Peppino Impastato, accende la radio a tutto volume, e lascia parlare la "Voce", a controbattere. Il padre si precipita di corsa, lo afferra e lo lancia per aria, ma lui la sua azione l'ha compiuta. L'ultima goccia che fa traboccare il vaso avviene ad un pranzo allargato di famiglia, si parla di politica, si denigra Impastato e Totò si alza in piedi e lo difende a voce, facendo nuovamente infuriare il padre. Che lo chiude in casa, lo accompagna a scuola e lo va a riprendere. Lo sorveglia, lo tratta come un recluso, alla stregua di un delinquente. Totò sceglie di fuggire, non sa nemmeno lui dove trova la forza e il coraggio di prendere certe iniziative e ribellarsi alla volontà del padre, che pure teme. Forse è la coscienza che si desta, forse è la forza della disperazione, forse è soltanto sopravvivenza, il bisogno di tornare a respirare. E si arriva all'ultima fatidica notte.

Morosinotto imbastisce intorno alla figura di Peppino Impastato una delle tante possibili storie, ma la forza del suo libro non sta negli episodi che inventa, ma nel vortice che alimenta. E' uno stato di necessità insito nella forza della sua scrittura, asciutta, che si incava e fa breccia negli spiragli che offre la narrazione. Soffia insistente come lo scirocco  che ti si appiccica, e non si dimentica. E' una voce ostinata la sua, che risuona. E ti scuote, nel fondo dell'anima.

Io, che ben conosco la storia di Peppino Impastato, per lunghi tratti ho avuto l'impressione di leggere un'altra storia, simile ma parallela, alla sua. Una storia che poteva approdare ad un finale diverso, da quello ben noto. Perché ho trovato così tanta energia sprigionata in queste pagine che mi pareva assurdo che il protagonista di quella "voce" potesse finire i suoi giorni in quel modo triste, riverso su un binario, esamine. Ci sono rimasto male, davvero. Io ci avevo creduto. Così ho scoperto la forza di questo libro. E il prodigio compiuto da Davide Morosinotto, nel creare un quadro autentico e a suo modo unico.

"Peppino Impastato, una voce libera" - Davide Morosinotto - Einaudi Ragazzi 

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