martedì 17 novembre 2020

Mustang


 Ci sono vari tipi di libertà.

Per un mustang, libertà vuol dire scalpitare e correre al vento, senza dover passare le sue giornate in un recinto.

Per una ragazza indiana può significare abbandonare la sua famiglia e il proprio villaggio, pur di non sposare un uomo che non ama.

Per un ragazzo di colore nel Texas della metà del XIX secolo vuol dire fuggire a rischio della propria vita per inseguire il sogno di una vita normale, senza frustate né catene, senza il terrore di esser sradicato dalle proprie radici e separato con violenza dalla propria famiglia, per essere venduto o acquistato, dal padrone di turno.

Per un ragazzo bianco, che tutto sommato, visti i tempi che corrono, potrebbe anche considerarsi un privilegiato, vuol dire reclamare il diritto di conoscere la verità, anche se scomoda, e sapere perché è stato ingannato e abbandonato dai suoi genitori. 

Libertà implica anche che un ragazzo bianco, un ragazzo nero e una ragazza comanche possano salvarsi la vita a vicenda, diventare amici, persino allearsi per sovvertire quelle ingiustizie create dalle leggi sbagliate dei grandi.

Nel mondo dei ragazzi c'è quella scintilla di purezza che sarà la nostra ancora di salvezza. 

Nel Texas del 1850 come nel mondo che verrà, la letteratura alimenta la voglia di libertà.

Ovviamente, certe storie, bisogna saperle scrivere in modo avvincente e credibile. Con polso fermo, nervi saldi, e tanto tatto. Perché il lettore raggiunga l'orizzonte entro il quale lo sguardo si perde, lasciando alle spalle soltanto la polvere.

"Mustang" - Marta Palazzesi - Editrice Il Castoro

venerdì 13 novembre 2020

Tu sei il più bel colore del mondo

 



Il primo fine settimana di ottobre passeggiavo con mia figlia nel centro di Piombino, quando passiamo davanti alla Libreria Coop locale. Decidiamo di entrare. Ad un certo punto Eleonora si lancia verso una pila di libri, entusiasta, rapita, quasi avesse individuato quello che stava cercando. E inizia a sfogliarlo.

E' una graphic novel monumentale. La vuole. Memorizzo il titolo, l'editore (più facili da tenere a mente del nme dell'autore, cinese), prometto di ordinargliene una copia al ritorno. Che poi le copie ordinate saranno in realtà due, una per lei, una per la libreria, che non si sa mai ...

Adoro il modo che hanno gli orientali di toccare (sfiorando) i grandi temi della vita (che sia adulta o adolescente poco cambia), leggero e fresco come una brezza di vento, colorato e profumato come il pesco in fiore (la graphic esordisce con i particolari dei fiori sui rami di un albero) così distante dal nostro comune sentire, eppure così illuminato e, oserei dire, nell'apparente semplicità, raffinato. Questa graphic novel potrei equipararla ad un romanzo di formazione (del resto, in 576 pagine, ne accadono di cose); ambientato in una scuola, una terza media, un anno di svolta.

L'ultimo anno delle medie è psicologicamente intenso, in Cina, perché gli esami finali determinano la qualità delle scuole superiori cui si potrà accedere. Un primo passo verso la vita adulta che può avere conseguenze fondamentali, per una persona. I protagonisti si trovano a vivere le classiche esperienze della loro età. C'è la bella di turno che piace a tutti i ragazzi della scuola (tranne a te, che hai occhi solo per un'altra), c'è il ragazzo perfetto, agile, sportivo, cui riesce bene tutto, con le ragazze che gli muoiono dietro (con una  famiglia agiata alle spalle, sempre sul pezzo con gli ultimi ritrovati alla moda, siano scarpe, racchette, lettori musicali), ci sono gli amici (fondamentali a tutte le età, figurarsi nel bel pieno della crescita), c'è il bullo che non manca in nessuna scuola che si rispetti. L'apparenza, che spesso inganna.

E poi ci sono quei valori immateriali che danno il senso alla vita: gli sguardi, i silenzi, le parole che muoiono in bocca, i voli pindarici, gli amori, la ricerca del proprio ruolo e del proprio spazio, del proprio talento, in una vita in costruzione. Molte di queste esperienze si iniziano a fare, e a vivere, proprio in questi anni. Di prima emancipazione. 

Per chi sogna di disegnare, diventa fondamentale saper leggere la luce e saper interpretare i colori. Ma certi colori, te li mostra solo l'amore.

"Tu sei il più bel colore del mondo" è una splendida, autentica, dichiarazione d'amore.

Questo libro è un bel regalo per i vostri ragazzi; in questi giorni di didattica a distanza, di emozioni filtrate attraverso uno schermo, è come tornare ad immergersi tra i banchi di scuola, con tutte quelle dinamiche che possono vivere soltanto lì. Io però lo consiglio anche a quei giovani adulti che sono i loro genitori, perché, sparsi qua e là, ci sono dei piccoli cammei tecnologici che appartengono alla loro giovinezza.

"Tu sei il più bel colore del mondo" - Golo Zhao - BAO Publishing

lunedì 9 novembre 2020

La notte delle malombre


"Quando perdi le radici, il vento ci mette un attimo a portarti via".

Nino cammina clandestinamente sul binario per tornare a casa, a Potenza, dalla sua amata Maria. Si è lasciato alle spalle, da circa un'ora, la stazione di Balvano, esce dall'ennesimo tunnel quando si trova di fronte ad una scena surreale. C'è un treno fermo sul ponte che immette alla galleria successiva. E' un treno merci, conficcato nel foro della montagna, con tre vagoni che sbucano fuori. Da lontano si sente il borbottio della locomotiva ancora accesa, e del fumo nero esce dal tunnel, Quando dalla galleria sbuca una sagoma viva che urla: "Sono tutti morti là dentro".

Cosa  è successo?

Riavvolgiamo un attimo il nastro. E' la seconda metà del 1943, l'Italia è un paese in guerra e allo sbando, senza guida politica ne militare. Ha firmato l'armistizio con le forze Alleate, mentre i precedenti alleati, i tedeschi, furiosi per il tradimento, si trasformano in forza occupante e vendono cara la pelle. Nel sud Italia, da cui parte la controffensiva alleata, si scatena una feroce guerra. In Campania non si trova più cibo, nemmeno al mercato nero. Nella vicina Lucania, è ancora possibile andare a barattare i propri oggetti per compare un po' di farina e qualche alimento per garantirsi la sopravvivenza. Così i treni merci in partenza da Napoli per Potenza e Taranto vengono presi d'assalto da orde di clandestini in un autentico viaggio sospeso tra disperazione e speranza per barattare i propri averi in cambio di cibo. In questo scenario apocalittico si innesta il "Disastro ferroviario di Balvano", avvenuto la notte del 3 marzo 1944; il treno merci 8017, partito da Napoli e diretto a Potenza, trainato da due locomotive a vapore che si tiravano dietro la bellezza di 47 carri e oltre 500 tonnellate di peso, con 700 clandestini a bordo, rimane bloccato all'interno della Galleria delle Armi, tra le stazioni di Balvano e Bella Muro. A nulla valgono i disperati tentativi dei macchinisti di tirar fuori il convoglio, che di lì a poco svengono per le esalazioni da monossido di carbonio. Gran parte dei passeggeri, in preda al sonno, dopo un viaggio sfiancante durato ore, passano dalla vita alla morte senza nemmeno rendersene conto. La sciagura di Balvano si chiude con un olocausto di 600 vittime, molte delle quali resteranno senza nome. Vengono realizzate delle fosse comuni per seppellirli, perché nel cimitero del paese non c'è posto per tutti.


"Balvano" è una sorta di Titanic ferroviario; una sciagura civile in tempi di guerra, per questo rimossa in fretta, forse perché "gli stivali del diavolo non fanno rumore, e invece la guerra fa un fragore assordante". Manlio Castagna, come avvenuto per Marco Paolini con il Vajont, riporta alla luce questa tragedia sconosciuta ai più, ricostruendo tutti i retroscena che hanno condotto al disastro; solo che al posto del teatro, usa il romanzo. Si affida alla voce narrante di tre ragazzi, diversi per estrazione sociale, ognuno dei quali, per ragioni diverse, si troverà a salire su quel maledetto treno.

C'è Brando Carenza, un ragazzo di un paesino del salernitano, che ha perso il padre in guerra, con la madre incapace di riprendersi dalla batosta, Brando ha due sorelle minori, a lui l'onere di portare a casa da mangiare. 

Rocco Saturno è un "mariuolo" di Napoli che vive di espedienti; ripudiato dalla famiglia che non approva il suo modo di guadagnarsi da vivere, dorme nel sottoscala di un albergo. Rocco quel viaggio della disperazione lo conosce bene, lo ha fatto più volte per ragioni diametralmente opposte, Lui è uno dei "borsari", quelli che salgono per rubare gli averi che i poveri disgraziati dovrebbero andare a barattare in Lucania in cambio di cibo. Poiché, tuttavia, il Bene e il Male non stanno mai da una parte sola, sovrastato da eventi più grandi di lui, si troverà suo malgrado a fare delle scelte.

E poi c'è Nora Moscati, il cameo di questo romanzo, una ragazzina salernitana benestante, figlia di un dottore. Nora ha un fratello, Pietro, a cui è molto legata; arruolato nella Regia Marina, di stanza a Taranto, ad un certio punto non manda più suo notizie. Per questa ragione, i coniugi Moscati con la figlia al seguito, saliranno su quel treno, alla ricerca del figlio perduto. Ma Nora riveste un ruolo speciale nell'economia della narrazione; è il trait d'union che tramuta un romanzo storico in autentico thriller noir.

Nora la notte riceve delle visite, delle ombre scure che si materializzano in stanza e le salgono sul petto impedendole di respirare. Sono le "Malombre", anime in pena, dannate, perse, che le portano in dote premonizioni. Nora sogna quel treno e sa come andrà a finire. Nora sente delle voci che le raccomandano di non salirvi, perché la sua sorte è segnata, e "chi si addormenta muore". Ma chi è disposto a credere ad una ragazzina di 12 anni in preda alle allucinazioni?

Manlio Castagna si conferma narratore di razza quando scendono in campo le forze oscure del Male; ne aveva dato ampia dimostrazione nella trilogia di "Petrademone", e un altro sfizioso assaggio in "Le Belve", scritto a quattro mani con Guido Sgardoli. Ne "La notte delle malombre" ci dona qualcosa in più, vuoi per la commistione speciale che viene a crearsi tra i personaggi, vuoi perché la base narrativa su cui si sostanzia il romanzo è solida, autentica, profondamente vissuta, e anche il Male quando affonda le sue radici nel "vero", assume tutta un'altra connotazione.


Perché la Notte delle Malombre, "la notte in cui la Morte saccheggia il mondo", è realmente esistita. E si è portata via 600 vittime, senza spargere sangue. Siamo liberi di credere che il mondo parallelo a Petrademone sia una finzione, ma la Galleria delle Armi è ancora lì a ricordarci la notte del 3 marzo 1944, in cui si è inghiottita un treno con 600 persone.

Quando, anche nel romanzo, il treno 8017 ha lasciato la stazione di Balvano, mi sono sentito mancare. Sapevo che il treno andava incontro alla morte, anche se ignoravo quali parole avesse scelto l'autore per accompagnarci sulle soglie dell'Ade. Sono parole, immagini, suggestioni, cariche di poesia, quasi allucinazioni, quasi respirassimo per un attimo quel veleno che si sprigionato in galleria, perdendo il contatto con la terra e con la realtà, per essere adagiati in un altrove di difficile collocazione.

E poi c'è il senso di colpa, per chi sopravvive a certe tragedie, perdendo, in una notte, tutto quello che aveva.

"Per la prima volta nella sua vita sperimenta la solitudine. Si sente come l'unica parola scritta su un libro di pagine tutte bianche. Una parola senza significato"

"La notte delle malombre" - Manlio Castagna - Mondadori


mercoledì 28 ottobre 2020

Bianco


 "Se il mondo dovesse finire resterebbero le parole dei libri; le parole e i pensieri scritti nei libri."


Sono mesi che giro intorno a questo libro. Ricordo quando, alcuni mesi fa, arrivò in libreria la bozza spedita dall'editore in anteprima. Avevo timore ad aprirlo, così ammantato di bianco candore, quasi avessi paura di sporcarlo. Ed è rimasto lì sul tavolo, anche lui bianco, in silenzio. Poi arriva l'estate, un viaggio in treno sulla via del ritorno, ho rotto gli indugi e l'ho letto. Finalmente è stato pubblicato, ed è arrivato in libreria. 

Non starò a parlarvi della storia, voglio però darvi tre validi motivi per leggerlo.


Il primo.

L'autrice esordisce chiedendo "scusa" (sebbene le presunte colpe non siano sue personali, semmai dell'intera umanità considerata in quanto tale).

Un pentimento sincero, un gesto umile che disegna un intro potente, sebbene cada labile come un fiocco di neve. Una richiesta di perdono indirizzata alla natura, dall'uomo brutalmente martoriata, che tuttavia è implicitamente diretta alla nuove generazioni, cui stiamo consegnando un mondo oggettivamente brutto, di cui ci sarebbe molto di cui vergognarsi.

Il secondo.

I personaggi.

Prendete ad esempio i frammenti di vetri colorati con cui comporre le vetrate artistiche. Singolarmente esprimono il loro microcosmo, sapientemente combinati ambiscono a disegnare il rosone di una cattedrale. I personaggi di questo romanzo brillano quando funzionano in sincrono, splendono nell'atto di dedicarsi all'altro. Un piccolo messaggio di amore evangelico, che infonde speranza

E vengo al terzo motivo.

Mentre seguivo la stimolante e aspra querelle tra Isabella e il giovane sacerdote, mentre mi comparivano davanti agli occhi le pagine delle Sacre Scritture, pensavo, tra me e me, a quanta (e quale) domanda di spiritualità da parte dei nostri ragazzi resti, ad oggi, totalmente inevasa. Dovremmo seriamente iniziare a pensarci, a questa cosa qui. E dotarci di strumenti nuovi, e utili.

Regalatevi una buona lettura, e donate un momento di raccoglimento prezioso, regalando a qualcuno questo libro.

"Bianco" - Laura Bonalumi - Edizioni Piemme - Il battello a vapore

Non è colpa della pioggia

 


"So che me lo domanderò. Mi domando sempre come sarebbe stato crescere con mia madre. Ma so anche che non cambierei mai, per nessun motivo, mia nonna e la nostra vita insieme per qualsiasi cosa si possa trovare dietro la porta numero due".


Se "c'è famiglia dove c'è amore", indipendentemente dai legami di sangue, quella di Delsie è una famiglia allargata; oltre alla nonna materna, infatti, c'è un intero vicinato che l'ha adottata, e non le fa mai mancare, in ogni occasione, amore, conforto, presenza.


"Non è colpa della pioggia" di Lynda Mullaly Hunt è un libro sulla crescita alla ricerca della propria identità, sull'amicizia; quella vera, sempre presente nei momenti di necessità, e quella finta, di comodo, pronta a scaricarti alla prima nuova opportunità. Ma è anche una storia preziosa sull'importanza dei legami comunitari che diventano, a loro volta identitari. Perché esistono persone capaci di riempire i tuoi vuoi esistenziali del loro amore, inserendo le tessere mancanti del puzzle, inghiottite dai buchi neri del passato. Come un albero che protegge.


"Come sono fortunata.

Non sono mai stata abbandonata.

Sono stata amata ogni giorno della mia vita."


"Non è colpa della pioggia" - Lynda Mullaly Hunt - Uovonero 

Traduzione di Sante Bandirali

Atlantis

 


Questo bel libro è passato quasi inosservato, probabilmente per il fatto di essere uscito nei giorni immediatamente precedenti al lockdown. Giunto nelle librerie ad inizio marzo, pochi giorni prima del blocco totale delle attività, li è poi rimasto, nel buio degli scaffali per oltre un mese, con i vari librai intenti ad ingegnarsi su come riorganizzare le proprie attività in vista della ripresa. Nel marasma delle uscite cadenzate alla riapertura, ha finito per perdersi, cadendo nel dimenticatoio.


"Atlantis" di Andrea Micalone, edito da Piemme, è un romanzo distopico ricco di avventura, dal ritmo serrato e avvincente, dalla scrittura estremamente godibile. E non manca il colpo di scena finale. Racconta uno scenario futuristico (futuribile?) chissà ...) che, per una serie di inattese quanto imprevedibili coincidenze, proietta i giovani protagonisti in una situazione simile a quella vissuta dai nostri ragazzi nei mesi precedenti (distanziamento sociale, pareti in plexiglass, comunicazioni virtuali, assenza totale di contatti fisici). 


Da buon romanzo distopico che strizza l'occhio alla fantascienza, il plot narrativo stimola il lettore a lanciarsi in riflessioni sui sistemi di gestione del potere, di controllo del pensiero, sullo spazio sociale, individuale, vitale del singolo.


Tra i tanti aspetti, ho particolarmente apprezzato il processo di alfabetizzazione emotiva che investe i giovani protagonisti, intenti a interrogarsi sula loro relazionalità fatta di sguardi a distanza ed oleogrammi, quel desiderio di conoscersi, avvicinarsi sull'onda di pensieri ignoti, apparentemente indecifrabili, che a poco a poco si fanno strada. Cosa sono queste emozioni che vivo? Perché le provo? Sono davvero sbagliate? Devo capire, conoscere, comprendere, le devo provare.


In tal senso, Atlantis, per dirla con Kurt Cobain, "smells like teen spirit", sa di spirito adolescente. L'adolescenza è quell'età in cui l'evoluzione degli orizzonti mentali va di pari passo con la scoperta del corpo, in un bisogno di fisicità, di contatto, di sguardi, turbamenti, che nella nostra relazionalità moderna vien sempre più a mancare. Con risultati spesso disarmanti.

"Atlantis" - Andrea Micalone - Edizioni Piemme - Il battello a vapore

Tutta colpa del bosco


 

I libri delicati.

Che paiono scritti in punta di piedi.

Che ti fanno udire il crepitio dei pensieri.

Dicono sia colpa del bosco, ma voi ci credete?

Che colpa ne ha il bosco se i ragazzi si amano?

Alle volte basta uno sguardo.

I carteggi.

Sembra una parola antica da associare soltanto alla scrittura su carta, ai tempi lenti dei ragazzi di ieri.

Ma siamo sicuri che sia così?

Che non ci si possa imbambolare ancora oggi, ai tempi degli sms, di facebook, di whatsapp, di spotify?

Se le parole ti muoiono in gola, che fai?

L'uomo sarà anche capace di andare sulla luna, ma come si pianta per paura di un "NO".

Sguardi, pensieri, poesie, canzoni, battiti, paure desideri, tremori, impressioni. Il bosco, la neve.

Secondo voi, tra questi due, come andrà a finire?

Mica posso dirvelo io, altrimenti il libro che ci sta a fare?

"Tutta colpa del bosco" - Laura Bonalumi - Edizioni San Paolo


venerdì 4 settembre 2020

Un altro me

 


Come suggerisce il titolo, l'autore che figura nelle pagine di questo libro è una persona profondamente diversa dal Bernard Friot istrionico, brillante, esuberante, qualità tali da renderlo così profondamente amato anche dal pubblico italiano.

Nello spazio temporale di una settimana che intercorre dalla domenica (giorno della partenza per Parigi) al sabato successivo (giorno del rientro in famiglia), lo scrittore francese ripercorre la sua problematica adolescenza di studente collegiale fuori sede; tra le righe emerge una personalità profondamente sola (anche perché refrattaria ad uniformarsi al pensiero dominante dei suoi coetanei), inquieta, a tratti aspra e cupa. Sicuramente ricca di interrogativi destinati a non trovare una rapida, quanto consolante, risposta. 


Basterebbe già questo a testimoniare la lungimiranza di un progetto, quello della collana "Gli anni in tasca" che vede un ribaltamento dei ruoli per cui, alcuni scrittori per ragazzi ormai adulti raccontano la loro infanzia e adolescenza di ieri ai ragazzi di oggi (ma l'esperienza non è assolutamente vietata agli adulti che anzi troveranno facilmente familiarità e similitudini con le loro esperienze di gioventù). 

Un procedimento umano e letterario, questo, destinato a caricarsi di suggestioni proprie, perché se è vero che nei decenni evolvono, formalmente, i tempi e i modi del relazionarsi con il mondo esterno, nella sostanza, i grandi dubbi esistenziali che ogni giovane affronta durante la crescita alla scoperta di sé, sono destinati a rimanere i medesimi.

"Un altro me" - Bernard Friot - Traduzione di Giovanna Zoboli

Collana "Gli anni in tasca"