giovedì 23 maggio 2019

Lampo il cane ferroviere



E il vecchio diceva, guardando lontano:
"Immagina questo coperto di grano,
immagina i frutti e immagina i fiori
e pensa alle voci e pensa ai colori
e in questa pianura, fin dove si perde,
crescevano gli alberi e tutto era verde, 
cadeva la pioggia, segnavano i soli
il ritmo dell'uomo e delle stagioni ..."
Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante:
"Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!"

Francesco Guccini - Il vecchio e il bambino



Stazione di Campiglia Marittima (LI). Un ragazzo osserva assorto la statua di un cane posta nel giardino prospicente il primo binario e perde il treno sul quale sono saliti i suoi genitori. Non resta che attendere il loro ritorno. E tutto per colpa di quello "stupido cane". Un anziano assiste alla scena, lui quel cane sembra conoscerlo piuttosto bene. Chi è, perché ha la paletta e un berretto da ferroviere? Tanto vale fare amicizia e ascoltare la sua storia, tanto in stazione non c'è altro da fare, a parte aspettare.

Ancora un vecchio e un bambino. Quale storia ci racconteranno?



La storia di Lampo, il cane vissuto nella stazione di Campiglia Marittima tra l'estete del 1953 e quella del 1961, all'epoca stupi e commosse l'Italia. Le sue vicende furono raccolte in un libro che appassionò generazioni di studenti; l'autore, Elvio Barlettani, raccontò per filo e per segno tutte le  avventure che si trovò a vivere in compagnia del suo amico a quattro zampe. Una parte di quella storia, tuttavia, resta ancora oggi avvolta nell'oscurità. Poiché non tutti gradivano questo cane che saliva e scendeva a suo piacimento dalle carrozze dei treni, il personale ferroviario fu costretto ad allontanarlo. Cinque lunghi mesi trascorsi in un luogo non definito del sud Italia, in cui il cane fece perdere le sue tracce, suo malgrado.



Il libro di Daniele Nicastro si inserisce in questa finestra temporale. E' una storia nella storia (ovviamente, di pura fantasia), in quanto tale è anche un'altra storia, dotata di propria autonomia narrativa. Uno dei pregi del libro è proprio quello di non appiattirsi sulle peripezie di Lampo, nel tentando di ricalcare la struttura del testo originario; così che il cane resta si uno degli attori principali del racconto ma non è più l'unico, e la narrazione si muove in una cornice dal respiro molto più ampio. Provando ad immaginare una tra le tante possibili sorti che possano essere toccate all'animale, l'autore ci offre alcuni scorci su quell'Italia popolare, sopravvissuta si ad una Guerra Mondiale, ma ancora avvolta, per larghi strati, nella polvere della miseria; sono scorci che aprono potenti squarci sul nostro recente passat che, dopo pochi decenni di benessere, appare oggi irrimediabilmente lontano, frettolosamente dimenticato. La miseria dei campi e le rivendicazioni per un salario dignitoso (che ciclicamente ritornano, basti pensare ai recenti fatti di cronaca sul "caporalato"), i tumulti e le sommosse, l'arte di vivere arrangiandosi, facendo di necessità virtù, la strada come grande "maestra" di vita; soprattutto, quel darsi reciprocamente una mano anche a costo di togliersi il pane di bocca. In questa cornice si muovono Lampo e il suo nuovo compagno di avventure, nell'inconsapevole viaggio di ritorno verso Campiglia, alla ricerca di un nuovo, possibile, futuro.

Altro non vi svelo, per non provarvi del piacere della lettura.


Certo è che Daniele Nicastro ha scritto un romanzo fortemente ritmato, dotato di piglio incisivo. A questo libro, a me particolarmente caro, auguro personalmente un lungo e radioso viaggio.

"Lampo il cane ferroviere" - Daniele Nicastro (con illustrazioni di Sara Ugolotti) - Il battello a vapore

Per chi volesse approfondire la storia originaria di Lampo, nel libro scritto da Elvio Barlettani nel 1962, rimando a questo link:
Lampo il cane viaggiatore

lunedì 13 maggio 2019

AFK




“AFK” segna il ritorno di Alice Keller presso l’editore Camelozampa, dopo il felice esordio rappresentato da “Nella pancia della balena”. La nuova sfida consiste nello spingersi un gradino oltre,  dove gli “Arcobaleni” si tramutano in  Spore”, in pieno territorio Young Adult.  Alice è pienamente consapevole che,  più ci si immerge nelle turbe dell’adolescenza contemporanea, con i suoi ritmi serrati, talvolta schizofrenici , tanto più diventa necessario lavorare sulla scrittura e la sua musicalità. Non sempre bastano, da sole, le buone storie (per quanto esse costituiscano , ora e sempre, l’ingrediente primario di ogni buon libro), talvolta occorrono narrazioni agili e millimetriche che consentano loro di respirare. AFK ne è una compiuta dimostrazione.


La storia è solida, e di quelle toste, già il titolo mira alla sintesi (AFK è l’acronimo di “away from keyboard”, letteralmente “lontano dalla tastiera”, ovvero il problema e la sua cura) ma l’autrice pare sfrondarla di ogni elemento superfluo, quasi che ogni dettaglio meramente e vanamente descrittivo possa minare il moto su cui si avviluppa il racconto. Gio vive rinchiuso in camera, dove passa le giornate giocando ai videogame, scambiando il giorno con la notte, muovendosi come un animale abitudinario ai suoi orari biologici; la sua tana è un fortino inespugnabile, soprattutto per quel mondo adulto sempre più incapace, non dico di avere il polso della situazione, quantomeno di instaurare un minimo di dialogo con la controparte adolescenziale. In tal senso Afk segna la Caporetto dell’esperienza genitoriale.  Gio è un ragazzo che pone in essere un atteggiamento autistico (probabilmente senza esserlo davvero), scatenato da subiti tentativi di bullismo; egli trova la propria dimensione espressiva isolandosi nel mondo dei videogame con una immedesimazione tale da non aver più una propria vita reale. I genitori, seppur coadiuvati dagli specialisti medici (psicologi e psicanalisti) sembrano incapaci di mettere a fuoco il problema,  lasciando il ragazzo rinchiuso nel suo non mondo.  In questo vorticare schizofrenico di esperienze destinate ad implodere, su cui si struttura la prima parte del romanzo, la Keller ha il pregio di dare vita a quel ticchettare sequenziale di tasti, così simile allo shreddare di certo thrash – metal, convulso, iperveloce,  reiterato.  Non è più il rock dei riff e dei soli de “la pancia della balena”, qui è piena e martellante ritmica, assordante e claustrofobica.



Lo spiraglio di Gio è costituito da sua sorella Emilia, così discreta e perfetta, una  presenza in punta di piedi; lei che c’è senza invadere,  apre la porta e non parla, saluta con uno sguardo e se ne va in silenzio. Lei, unica presenza reale in un mondo virtuale. Lei che pare avulsa da ogni problema,  è anche colei che spacca in due il romanzo,  sottraendolo allo stallo narrativo e ritmico cui pare geneticamente lanciato. Emilia, il cui nome sembra farsi geografia perché questa ragazza minuta e compita l’Emilia te la ricorda davvero; perché tu pensi a quella regione operosa, fatta di gente aperta, gaudente e cordiale, da sembrare perfetta e immune da ogni problema. Eppure anche li si annida quel “cielo padano plumbeo, denso incantato incredulo” capace di renderla malinconica. E paranoica.
Emilia il suo problema lo condivide con il fratello, che si tira letteralmente dietro, facendolo fuoriuscire suo malgrado dal guscio che si era costruito. Visto da fuori, e con l’aiuto di qualcuno che ti parla e sa ascoltarti, anche nei tuoi silenzi, forse il problema non è più insormontabile, ma risolvibile.

Con Emilia così malinconica, a tratti “paranoica”, cambia anche la musica della narrazione, più lenta e simile ad un respiro dell’animo carico di riverberi, pause e slanci, pensieri che saturano l'aria, e tornano le parole di quella celebre canzone:

"Emilia di notti agitate per riempire la vita
Emilia di notti tranquille in cui seduzione è dormire
Emilia di notti ricordo senza che torni la felicità
E non sei tu, e non sei tu, e non sei tu
Emilia paranoica
Aspetto un'emozione sempre più indefinibile".

La scrittura di Alice Keller è un fiume che non conosce secche, e le coraggiose collane di narrativa della giovane casa editrice Camelozampa costituiscono il richiamo di un mare in cui è ammaliante tuffarsi.


La citazione "cielo padano plumbeo denso incantato incredulo" è tratta dal brano "Linea gotica" dei CSI. 
Gli altri versi virgolettatti sono tratti dal brano "Emilia Paranoica" dei CCCP.


AFK - Alice Keller - Camelozampa - Copertina di Alessandro Baronciani