“AFK” segna il ritorno di Alice Keller presso l’editore
Camelozampa, dopo il felice esordio rappresentato da “Nella pancia della
balena”. La nuova sfida consiste nello spingersi un gradino oltre, dove gli “Arcobaleni” si tramutano in “Spore”, in pieno territorio Young Adult. Alice è pienamente consapevole che, più ci si immerge nelle turbe
dell’adolescenza contemporanea, con i suoi ritmi serrati, talvolta
schizofrenici , tanto più diventa necessario lavorare sulla scrittura e la sua
musicalità. Non sempre bastano, da sole, le buone storie (per quanto esse
costituiscano , ora e sempre, l’ingrediente primario di ogni buon libro),
talvolta occorrono narrazioni agili e millimetriche che consentano loro di
respirare. AFK ne è una compiuta dimostrazione.
La storia è solida, e di quelle toste, già il titolo mira
alla sintesi (AFK è l’acronimo di “away from keyboard”, letteralmente “lontano
dalla tastiera”, ovvero il problema e la sua cura) ma l’autrice pare sfrondarla
di ogni elemento superfluo, quasi che ogni dettaglio meramente e vanamente
descrittivo possa minare il moto su cui si avviluppa il racconto. Gio vive
rinchiuso in camera, dove passa le giornate giocando ai videogame, scambiando
il giorno con la notte, muovendosi come un animale abitudinario ai suoi orari biologici;
la sua tana è un fortino inespugnabile, soprattutto per quel mondo adulto
sempre più incapace, non dico di avere il polso della situazione, quantomeno di
instaurare un minimo di dialogo con la controparte adolescenziale. In tal senso
Afk segna la Caporetto dell’esperienza genitoriale. Gio è un ragazzo che pone in essere un atteggiamento autistico (probabilmente senza esserlo davvero), scatenato da subiti tentativi di bullismo; egli trova la propria dimensione espressiva
isolandosi nel mondo dei videogame con una immedesimazione tale da non aver più
una propria vita reale. I genitori, seppur coadiuvati dagli specialisti medici
(psicologi e psicanalisti) sembrano incapaci di mettere a fuoco il problema, lasciando il ragazzo rinchiuso nel suo non
mondo. In questo vorticare schizofrenico
di esperienze destinate ad implodere, su cui si struttura la prima parte del
romanzo, la Keller ha il pregio di dare vita a quel ticchettare sequenziale di
tasti, così simile allo shreddare di certo thrash – metal, convulso,
iperveloce, reiterato. Non è più il rock dei riff e dei soli de “la
pancia della balena”, qui è piena e martellante ritmica, assordante e
claustrofobica.
Lo spiraglio di Gio è costituito da sua sorella Emilia, così
discreta e perfetta, una presenza in
punta di piedi; lei che c’è senza invadere, apre la porta e non parla, saluta con uno
sguardo e se ne va in silenzio. Lei, unica presenza reale in un mondo virtuale.
Lei che pare avulsa da ogni problema, è
anche colei che spacca in due il romanzo,
sottraendolo allo stallo narrativo e ritmico cui pare geneticamente lanciato.
Emilia, il cui nome sembra farsi geografia perché questa ragazza minuta e
compita l’Emilia te la ricorda davvero; perché tu pensi a quella regione
operosa, fatta di gente aperta, gaudente e cordiale, da sembrare perfetta e
immune da ogni problema. Eppure anche li si annida quel “cielo padano plumbeo, denso
incantato incredulo” capace di renderla malinconica. E paranoica.
Emilia il suo problema lo condivide con il fratello, che si
tira letteralmente dietro, facendolo fuoriuscire suo malgrado dal guscio che si
era costruito. Visto da fuori, e con l’aiuto di qualcuno che ti parla e sa
ascoltarti, anche nei tuoi silenzi, forse il problema non è più insormontabile,
ma risolvibile.
Con Emilia così malinconica, a tratti “paranoica”, cambia
anche la musica della narrazione, più lenta e simile ad un respiro dell’animo
carico di riverberi, pause e slanci, pensieri che saturano l'aria, e tornano le parole di quella celebre
canzone:
"Emilia di notti
agitate per riempire la vita
Emilia di notti tranquille in cui seduzione è dormire
Emilia di notti tranquille in cui seduzione è dormire
Emilia di notti
ricordo senza che torni la felicità
E non sei tu, e non
sei tu, e non sei tu
Emilia paranoica
Emilia paranoica
Aspetto un'emozione
sempre più indefinibile".
La scrittura di Alice Keller è un fiume che non conosce
secche, e le coraggiose collane di narrativa della giovane casa editrice
Camelozampa costituiscono il richiamo di un mare in cui è ammaliante tuffarsi.
La citazione "cielo padano plumbeo denso incantato
incredulo" è tratta dal brano "Linea gotica" dei CSI.
Gli altri versi virgolettatti sono tratti dal brano "Emilia Paranoica" dei CCCP.
Gli altri versi virgolettatti sono tratti dal brano "Emilia Paranoica" dei CCCP.
Nessun commento:
Posta un commento