sabato 20 febbraio 2016

Mia sorella è un quadrifoglio

C’è uno scaffale della libreria a cui sono legato in modo particolare.

Ci sono impilati una serie di albi illustrati dai colori tenui, che sulla costina recano una dicitura: “Ho bisogno di una storia”. 

Sono tutte storie destinate ad essere a loro modo speciali, perché trattano situazioni delicate e particolari, quali la diversità, la malattia, la morte di un familiare, i maltrattamenti, la separazione dei genitori. Molti di questi testi sono legati a progetti promossi da associazioni operanti nello specifico campo sociale trattato da un determinato libro.

Tra tanti bei libri ce n’è uno più speciale degli altri.

Perché quando lo apri, trovi questa dedica:

Questa storia è per quei bambini e quei grandi che non si accontentano di essere uguali e che non hanno paura di essere diversi”.
 Protagoniste della storia sono due bambine, Viola e Mimosa, che sono due colori, ma anche due fiori. Viola, la sorellina più grande, è la voce narrante cui è affidato il difficile compito di osservare e spiegare, con i suoi occhi e a parole sue, quella che è a tutti gli effetti una situazione particolare: l’arrivo di una sorellina affetta da sindrome di down. In una cornice di tensioni, amarezze, sconforto, dal padre che guarda fuori dalla finestra, una nonna che piange, l’altra che non si presenta nemmeno perché non vuol saperne di vedere quella nipote affetta da problemi di salute, la piccola Viola sembra l’unica, in famiglia, a mantenere il candore e la lucidità necessaria per leggere e affrontare la situazione. Viola è un’attenta osservatrice, e capisce subito, dalle reazioni dei familiari, che sua sorella è “diversa” e forse ha qualche problema. Viola è solo una bambina, ma non è ingenua, e lo capisce che c’è qualcosa che non quadra.
A casa però qualcosa non andava.

Il papà una sera non è tornato a dormire. Ho chiesto dov’era e la mamma ha detto che era via per lavoro, ma io lo sapevo che non era vero, perché lui fa il professore di scuola e non va mai via per lavoro tranne quando c’è la gita, e allora ce lo dice.

E comunque la mamma l’ha detto con una voce piccola che non era la sua, così ho capito che era una bugia, o una cosa che non voleva dirmi.
 
Attraverso gli occhi di Viola, l’autrice Beatrice Masini ci mostra come, agli occhi dei bambini, la “diversità“ non costituisca di per sé un “problema”, semmai una fonte di curiosità e scoperta, un’opportunità di confronto e di crescita. 

Attraverso la bocca di Viola, Beatrice ci regala delle autentiche perle di assorta contemplazione e incantato lirismo.
“Mia sorella ha qualcosa che non va dentro il cuore. Una cosa che non funziona bene. A me pare che il suo cuore sia a postissimo così com’è, perché vuole bene a tutti e sorride a tutti e vuole fare amicizia con tutti. Forse il suo problema è che ha il cuore troppo grande.”
 
Man mano che la storia si dipana Viola si cala a pieno titolo nel ruolo di sorella maggiore. 
Come quando Martino, il compagno di classe più odioso, dopo averla presa in giro, se ne è uscito con un’esclamazione infelice: “Tua sorella non è normale”, per poi correre via, per paura di prenderle.

Tanto prima o poi lo becco, Martino”. 

Qui Beatrice Masini è magistrale. Le parole che mette sulle labbra di Viola, costano qualche lacrima, ma da sole valgono l’acquisto del libro.
E comunque ha ragione. Mia sorella non è normale. Lei è speciale. Essere normali vuol dire essere uguali: come i fili d’erba, come i trifogli in un prato. Mia sorella invece è un quadrifoglio.

I quadrifogli sono rari e sono diversi. Sono rari perché sono diversi. Sono diversi perché sono rari. Tutti vorrebbero trovarne uno, ma ci riescono in pochi. I quadrifogli portano fortuna. Noi abbiamo la fortuna di averne uno tutto nostro: Mimosa, il quadrifoglio.

Mi piace pensare che il mondo sia un posto dove tutti siamo speciali. Io sono speciale a fare i disegni, per esempio. Il papà è speciale quando fa la pizza. La mamma è speciale quando legge le storie. Mimosa è speciale a sorridere.

E’ la cosa che le viene meglio. Siamo tutti diversi e siamo tutti speciali. In un prato c’è posto per tutto: i quadrifogli, le farfalle, le coccinelle, le formiche, i fiori. Anche nel mondo dev’essere così.”
Che è poi il succo di tutto il discorso. La diversità che non deve costituire un problema, semmai un’occasione di arricchimento reciproco, dove ognuno fa tesoro della propria specialità e la mette a disposizione dell’altro.

Ci vuole stoffa e tanto cuore e tatto per scrivere una storia del genere, e Beatrice Masini ce l’ha, se è vero che buona parte di questi albi appartenenti alla collana “Ho bisogno di una storia” portano la sua firma. 

Le illustrazioni portano la firma di Svjetlan Junaković e corrono veloci e fugaci, accompagnando in modo leggero e arioso le riflessioni della piccola Viola che osserva i comportamenti della sorellina Mimosa. Più tese ad esaltare il dinamismo che non l’assorta contemplazione: in quanto tali, fungono da perfetto contraltare alle parole sapide della Masini.
C’è una cosa che amo particolarmente di questo libro. Tanto nei testi che nelle illustrazioni, scorgo la delicata discrezione di una storia raccontata “in punta di piedi”, quasi a non voler disturbare, quasi a volersi scusare se, una volta tanto, oggetto della narrazione non sono quei momenti spensierati e ludici così congeniali al mondo dell’infanzia che vorremmo far vivere ai nostri bambini. 

Questo è il punto. Capita, non di rado, in imbattersi in volumi scritti e illustrati ad arte, che ammiccano in modo un po’ scenografico e ruffiano, facendo leva sulle facili commozioni. 

Mia sorella è un quadrifoglio” è un libro autentico, senza effetti speciali e senza secondi fini.
Tanto basta, sinceramente, per farmelo amare.

"Mia sorella è un quadrifoglio" - Beatrice Masini, Svjetlan Junaković - ‪#‎Carthusia‬

martedì 16 febbraio 2016

Parole di latte



 
"Una goccia di latte è caduta nella notte. Piano si spande in bianche onde lente. Mare di latte con onde di memoria che della vita raccontano la storia."
Un libro da sorseggiare. Materno e circolare con un abbraccio che avvolge, nella filastrocca della buonanotte. 

Un libro nutriente, di poesia, memoria e sostentamento. Poche parole, dense e sapide, squarciano l'oscurità di bianco sentore. Bagliore di vita.
 

E' un blu siderale e fondo quello in cui si innestano parole che brillano come stelle, avvolte nei colori dei disegni che volteggiano come panni stesi al vento dei ricordi. 

La vita come in sogno. Libro da "Mille e una notte". In quanto tale, "Memorabile".


"Latte che lento versa goccia a goccia in versi sciolti la sua lunga storia. Liquidi e bianchi sogni della notte, raccontati da onde di memoria".


Parole di latte - Silvia Roncaglia, Cristiana Cerretti  - Lapis

Piccolo Grande Bubo

Che "Piccolo Grande Bubo" di Beatrice Alemagna sia un libro "tenero" lo si capisce subito, basta prenderlo in mano. La copertina è morbida, i bordi arrotondati, le pagine piacevomente lisce, il formato poco più che tascabile. Un cucciolo di libro. Un piccolo grande libro. 
 
 
Eh si, perché Bubo non è mica piccolo. Chi ve l'ha messa questa strana idea in testa. Bubo "Bubo" sa già andare in bicicletta, ha gli occhi "grandi" e il naso "grosso", ha persino quattro dentoni grossi. Ma poi, dico io, porta il pannolino un solo giorno a settimana, come i grandi. 
Al ristorante gli basta un solo cuscino, e si sceglie da solo cosa mangiare (niente piselli però eh!) Bubo non è grande, è grandissimo, in piedi occupa due pagine di libro! 

E poi scusate, lo dice anche la mamma, mentre lo bacia mettendolo a letto, che lui è il suo "grandissimo amore"!



Beatrice Alemagna - Piccolo Grande Bubo - ‪#‎Topipittori‬

domenica 7 febbraio 2016

Casa


 "Dimmi che casa hai e ti dirò chi sei".


Questa sembra essere la sintesi e il succo del lungo e variopinto viaggio orchestrato da Carson Ellis alla scoperta di quell'universo architettonico e abitativo, nonché identitario e affettivo, che siamo soliti chiamare "Casa".
Intanto una rapida annotazione, perché se nella lingua italiana il termine "casa" ingloba tanto la dimensione reale e fisica quanto quella ideale e affettiva, così non è per la lingua inglese, che utilizza due termini specifici: "House" per sottolineare la parte costruttiva, architettonica dell'edificio (the House of Parliament, per fare un esempio), e "Home" con riferimento all'aspetto più intimo e affettivo (tornare a casa, go back home).

 
E' bene allora sottolineare che l'edizione originale del libro di Carson Ellis si intitola appunto "Home", a voler suggerire, nei vari paesaggi storici, geografici e architettonici, tutti sospesi tra il reale e il fantastico, la declinazione dello stato emotivo di un luogo universalmente votato al rifugio e al raccoglimento, a volerne cogliere l'intima essenza di chi vi dimora, andando oltre l'involucro.
Allora non stupisce se si inizia con

"Casa, per qualcuno, è la campagna.
Per qualcun altro è un appartamento.
Casa è la nave, per i marinai. E la capanna per gli indiani."

per arrivare a

"Questa sono io, questa è la mia casa. E casa tua com'è? E tu chi sei"?
 
In mezzo c'è tutto un viaggio, a cielo aperto, tra quattro mura, in una tana, sulla luna o sotto terra, può essere Norvegia, può essere Francia. Le illustrazioni, quelle sono tutte spettacolari, in egual misura.


Carson Ellis - Casa - Emme Edizioni