venerdì 20 aprile 2018

Poesie naturali



Conchiglia

Memoria minerale di animale
fluttuata lentamente
sul liquido silenzio del fondale.

E trascinata via dalla corrente
in tumultuose erranze
migrante per azzurre lontananze.

Per chi all'orecchio adesso ti avvicina - 
raccolta sulla sabbia una mattina - 
hai solo una canzone da cantare:

la nostalgia del mare.





La poesia è minerale.

Sedimenta nell'inconscio, stratifica nella memoria, fino a quando qualcosa o qualcuno non inizia a smuoverla.

La poesia è animale.

Felina e sinuosa si nutre nelle oscurità dell'anima, dove istintiva alberga, e rapida si dilegua.

La poesia è personale.

Viaggi e percorsi emotivi disegnano mappe interiori. Siamo storie nelle geografie.

La poesia è naturale.

Sgorga come nasce, e tale soffia, incessante. 


Di queste e altre qualità trabocca la poesia di Alessandra Berardi Arrigoni. Una voce increspata, carica di riverberi e ricca di odori, canta l'alternanza degli elementi naturali che ci circondano, talvolta sovrastano, più spesso ci interrogano e coinvolgono; esortandoci ad una contemplazione assorta e prospettica, persino magica, della nostra esistenza.



In questa tela onirica si innesta, in modo superbo, l'acquerello di Marina Marcolin. Il suo tratto poetico ha la dinamicità circolare del vortice che invita al raccoglimento interiore, mentre fuori, il mondo delle parole, sibila i suoi tumulti; in quelle tinte tenui, ai limiti del monocromatico, sembra celarsi il mistero di un pennello intriso della polvere di roccia, immerso nelle onde del mare. Quando l'acqua si asciuga, della vita resta il sale.


"Come ogni isola io non so stare
senza l'abbraccio fra terra e mare."

"Poesie naturali" - Alessandra Berardi Arrigoni, Marina Marcolin - Topipittori

lunedì 16 aprile 2018

Ultraviolet


"Vorrei così tanto essere altrove. (Mi vengono le lacrime agli occhi e io le caccio via, devono andarsene nelle parole, perché solo così la loro acqua salata si farà inchiostro sulla pagina invece di perdersi sul mio collo disegnano rivoli sulla polvere). Non riesco a credere che sia la mia unica e vera vita quella che si compie in questo momento, giorno dopo giorno. Ogni minuto è un tormento di noia, caldo e inedia (è una parola che ho imparato di recente e che mi piace molto: viene da inanire, vuotare, ma assomiglia a inanimato, morto). "


Canada, Stato dell'Alberta, 1936, nel bel mezzo della Grande Depressione. Siccità, carestia, crisi economica. In questo scenario torrido sboccia la storia di Lucy, figlia del reverendo Larson, una ragazza in procinto di diventare donna. Per i suoi 13 anni riceve in regalo un diario, che elegge a personale rifugio: "una sorta di piccolo paradiso dove vorrei mettere, poco alla volta, tutto quello che mi manca sulla Terra". Il diario diventa suo amico e complice, confidente; qui la ragazza, attraverso la scrittura, esprime senza filtri e senza remore, tutti i suoi pensieri, mettendo a nudo le proprie emozioni. Il desiderio di vivere altrove, i contrasti con la propria famiglia che la considera una bambina a cui imporre una visione ristretta delle cose della vita; i dubbi sull'esistenza e la presenza di un Dio un po' lontano, un po' astratto, forse anche un po' cinico. Ma certi pensieri la figlia di un pastore non può esprimerli ad alta voce ai suoi genitori; deve tenerseli per sé.


Il diario diventa anche terreno fertile di un'esperienza sensoriale e fisica, talvolta olfattiva e tattile, dove la ragazza riflette sui gusti, oltre che sul significato e l'etimologia delle parole.

"Scrivo la parola cioccolato e mi vien voglia di leccarla, ma farei solo sbavare l'inchiostro sulla pagina e quindi mi trattengo. Guardo la parola, la pronuncio a voce bassa, chiudo gli occhi ed evoco il gusto del cioccolato, mentre con l'immaginazione mordicchio un pezzo piccolissimo di brownie. Sembra che funzioni. Riesco quasi a sentirne il gusto allo stesso tempo dolce e un po' amaro, di un bruno intenso e vellutato, di un brownie; lo inforniamo intero, enorme, nelle nostre chimeriche fauci, mastichiamo tenendo la bocca aperta e rumoreggiando in maniera del tutto sconveniente ... Mmm, questo si che è trattarsi bene!"

Poi l'incontro, fulminante e inaspettato. Suo padre, da buon pastore, ospita in casa un uomo; però stavolta non è il solito derelitto bisognoso, è un giovane distinto, elegante e bello, un medico dal nome profetico: Beauchemin, "bel cammino".


Tra i due si si instaura un dialogo serrato e contagioso; lei è piena di curiosità e domande che vengono prontamente soddisfatte, perché lui la tratta coma una donna sua pari, come tale, libera di esprimersi. Alla curiosità intellettuale si accompagna la scoperta sentimentale, sospesa tra reale e ideale, tra voli pindarici degni di un amore platonico e i sussurri ormonali di un corpo che sta per sbocciare.

Ultraviolet è un meraviglioso viaggio tra i sentimenti e le parole sui sentieri incontaminati dell'adolescenza. Dove non esistono certezze, solo rivelazioni e scoperte. 

"Ultraviolet" - Nancy Houston - Camelozampa

giovedì 12 aprile 2018

Léonie si sposa


Una bambina scruta il cielo, assorta. Cosa avrà visto? Sappiamo solo che dall'alto piovono piccoli fogli di carta.


E' questa l'immagine scelta per la copertina di "Léonie si sposa", scritto da Isabelle Wlodarczyk e illustrato da Sonia Maria Luce Possentini. Il libro, edito in Francia nel 2016 da Lirabelle, è stato portato in Italia da Corsiero editore, con il contributo dell'ISTORECO (Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea) di Reggio Emilia.


E' tempo di guerra, c'è l'occupazione tedesca, ma l'incubo sta per finire, gli aerei alleati lanciano volantini in cui annunciano l'imminente liberazione. Questo è lo sfondo storico. Poi c'è una bambina che vola sulla sua bici costeggiando i campi di grano, attraverso le violette. Oggi un buon giorno per essere felici, è il primo invito che riceve, si sposa la sua amica Léonie.


"Mia madre dice che non ci si deve sposare durante la guerra, non è un buon periodo per amarsi".


Poggia a terra la bici e si piega verso le spighe a raccogliere uno di quei volantini avvolti nella carta stagnola. In mezzo al mare ondeggiante di frumento affiora un elmetto. E' un soldato tedesco, nascosto. E' un attimo, uno sguardo che dura un lampo. Un soldato e il suo fucile, una bambina e il suo sorriso, la paura di entrambi che congela un attimo e taglia emotivamente la scena in due.

"Le nostre due mani si toccano intorno al pezzo di carta".

E nelle scene del matrimonio, dal monocromo virato affiorano, come una liberazione, le prime note di colore.


C'è una qualità vagamente eterea in questa storia incisiva come un cortometraggio, della grazia pari all'indimenticabile  "Intervallo" RAI di tanti anni fa, quando non esisteva ancora la pubblicità. C'è il sapore buono delle storie che le nonne un tempo amavano raccontare.

Come la nonna di Isabelle, che questa storia ha vissuto, e la raccontava sempre con tanta emozione. Come la nonna di Sonia, che le ha insegnato a correre nel grano a braccia aperte.




Un libro bello come un sogno.
Leggiadro come un canto leopardiano.

"Léonie si sposa" - Isabelle Wlodarczyk, Sonia Maria Luce Possentini - Corsiero editore (traduzione dal francese di Andrea Casoli)

lunedì 2 aprile 2018

L'arcobaleno del tempo


"Non riesco ad immaginare la mia vita senza il cinema".

La traduzione letterale dal titolo originale, in cinese, suonava come "Cinema tempo". Tradotto in inglese come "The rainbow of time", da qui il nostro "L'arcobaleno del tempo".


La poetica dei colori di Jimmy Liao: ad ogni colore corrisponde un diverso stato d'animo
Trovo che questo scostamento marcato abbia giovato alla prospettiva del libro. In fondo da cosa nasce l'arcobaleno? Dal fortunato incontro tra la pioggia e la luce, solitamente dopo un temporale, quando si squarcia l'oscurità e filtrano i raggi solari a baciare le gocce d'acqua sospese.


C'è molto della poetica di Jimmy Liao nell'immagine dell'arcobaleno, in quell'alternarsi di stati d'animo che oscillano dalla tristezza alla felicità, in un percorso interiorizzante di luci e colori, sospeso tra sogno e realtà. 


D'altro canto quel cinema, a cui il libro è apertamente dedicato, lungi dall'essere confinato a mero oggetto della narrazione, si costituisce a sua volta soggetto narrante, per mezzo del quale Liao imbastisce la sua dialettica bidimensionale tra il "dentro" e il "fuori" in cui si confrontano  e poi commutano il mondo ideale e quello reale.


Che sia l'interno della carrozza di un treno (Un bacio e addio) o la sala di un cinema (L'arcobaleno del tempo), il risultato non cambia. E' sempre un luogo chiuso, protetto, uterino, come il grembo materno che protegge dalle rigidità e dalle insidie del mondo. Dove è possibile coltivare il proprio mondo ideale, elaborare mancanze, popolare solitudini, imparare ad affrontare le proprie paure, per poi tornare a quella vita reale di fuori, che procede dritta seguendo la sua ferrea logica.


Per lei il cinema è sempre stato casa, rifugio, risposte, sogni. Ma anche speranza di ritrovare un giorno sua madre, che amava quel magico mondo di celluloide. Attraverso le storie degli altri lei impara a sperimentare vite diverse, e nei momenti di difficoltà e confusione nei film trovava tutte le risposte, e la vita ricominciava.


"Se seguo la luce del proiettore, il buio non è più così spaventoso".

Nelle sale del cinema avvengono gli incontri importanti della sua vita, l'amicizia, quella empatica, che pare risolutiva, ma quasi mai dura l'arco di una vita, spesso subentrano eventi contingenti a dividere le persone, anche quelle che appaiono così intimamente legate:

"Dopo la sua partenza mi sentìì persa come le foglie sparpagliate dal vento".


Oppure l'amore, casuale e inaspettato, che sembra trasformare la realtà in un sogno, la vita in un film, appunto.

"Ah! La vita nei film è meravigliosa!"


Ma la vita è un'altra cosa, non basta la volontà di trasformarla in un set cinematografico, non è sufficiente condividere le proprie passioni, quando ognuno è divorato dalle proprie mancanze e si tenta di colmare reciprocamente le rispettive solitudini.



Ci si trova proiettati fuori dal campo visivo dell'altro senza rendersene conto. Silenzi, distanze, incomprensioni, hanno una trama nebulosa e poco chiara, che offusca il pensiero, e ci si trova ad assistere come spettatori impotenti di un film in cui fino a poco tempo prima si aveva una parte importante.


"A poco a poco lui stesso divenne un film che potevo solo guardare, ma di cui non facevo più parte".


"Lui stava attraversando una tempesta nel film della sua vita, e io non ero altro che il pubblico attonito e spaventato davanti allo schermo".

Il cinema sa essere una metafora meravigliosa della vita che però mai corrisponde alla vita stessa.


Quella vita che procede circolare nel suo errare dritto e itinerante, che porta al ripetersi di situazioni, come le maglie di una catena che si aggiungono di volta in volta. Così la protagonista diventata donna andrà al cinema con sua figlia, aggiungendo storia alle storie, nuove mancanze alle assenze, a quella della mamma (nonna) si aggiungerà quella del marito (padre), alimentando nuove sogni e speranze di convolare al giusto finale che dia un senso compiuto alla sua esistenza.


Accettando i propri limiti e imparando a convivere con sé stessi, anche la vita può essere meravigliosa e prospettare finali a sorpresa. Nell'avvicendarsi delle situazioni che spesso portano a vedere le cose da diverse angolature, il cerchio della vita ritrova il suo centro. Liao suggerisce un finale da film che non vi sveliamo, invitandovi a prendere questo meraviglioso albo in mano.


Il libro, dedicato a "Nowhere Man" e in omaggio al cinema, contiene alla fine un ringraziamento ad una serie di film e registi che hanno accompagnato l'autore nella realizzazione del libro. Tra questi, io sento una particolare influenza dello sguardo di Wong Kar-Wai nel modo di narrare di Jimmy Liao, nella sua singolare capacità di descrivere il fluire del tempo e i suoi riflessi nelle esistenze dei protagonisti; in quell'incedere paradigmatico e onirico, portando la narrazione contemporaneamente su più piani che si sovrappongono, mescolano, confondono, infine risolvono in modo spiazzante e inaspettato. Così come il regista di Hong Kong  rappresenta una voce stilisticamente isolata nel panorama cinematografico cinese e volta piuttosto a costituire un ponte stilistico con l'Occidente (si percepisce l'influenza di un Antonioni o di un Wenders giusto per fare due nomi), così Liao pare una voce a sé stante volta a creare un legame speciale con il sentire occidentale che adora le sue opere, al contempo delicate e visionarie.


Per il nostro mondo tormentato fino all'angoscia, di fronte al senso di smarrimento, solitudine, perdita e dolore, il suo sguardo sospeso tra magia e fatalità, dove tutto ha un senso e ogni cosa trova il suo posto,  rappresenta un balsamo prezioso, inestimabile.

"L'arcobaleno del tempo" - Jimmy Liao - Terre di Mezzo

Traduzione dal cinese di Silvia Torchio - Consulenza editoriale di Luca Ganzerla