lunedì 2 aprile 2018

L'arcobaleno del tempo


"Non riesco ad immaginare la mia vita senza il cinema".

La traduzione letterale dal titolo originale, in cinese, suonava come "Cinema tempo". Tradotto in inglese come "The rainbow of time", da qui il nostro "L'arcobaleno del tempo".


La poetica dei colori di Jimmy Liao: ad ogni colore corrisponde un diverso stato d'animo
Trovo che questo scostamento marcato abbia giovato alla prospettiva del libro. In fondo da cosa nasce l'arcobaleno? Dal fortunato incontro tra la pioggia e la luce, solitamente dopo un temporale, quando si squarcia l'oscurità e filtrano i raggi solari a baciare le gocce d'acqua sospese.


C'è molto della poetica di Jimmy Liao nell'immagine dell'arcobaleno, in quell'alternarsi di stati d'animo che oscillano dalla tristezza alla felicità, in un percorso interiorizzante di luci e colori, sospeso tra sogno e realtà. 


D'altro canto quel cinema, a cui il libro è apertamente dedicato, lungi dall'essere confinato a mero oggetto della narrazione, si costituisce a sua volta soggetto narrante, per mezzo del quale Liao imbastisce la sua dialettica bidimensionale tra il "dentro" e il "fuori" in cui si confrontano  e poi commutano il mondo ideale e quello reale.


Che sia l'interno della carrozza di un treno (Un bacio e addio) o la sala di un cinema (L'arcobaleno del tempo), il risultato non cambia. E' sempre un luogo chiuso, protetto, uterino, come il grembo materno che protegge dalle rigidità e dalle insidie del mondo. Dove è possibile coltivare il proprio mondo ideale, elaborare mancanze, popolare solitudini, imparare ad affrontare le proprie paure, per poi tornare a quella vita reale di fuori, che procede dritta seguendo la sua ferrea logica.


Per lei il cinema è sempre stato casa, rifugio, risposte, sogni. Ma anche speranza di ritrovare un giorno sua madre, che amava quel magico mondo di celluloide. Attraverso le storie degli altri lei impara a sperimentare vite diverse, e nei momenti di difficoltà e confusione nei film trovava tutte le risposte, e la vita ricominciava.


"Se seguo la luce del proiettore, il buio non è più così spaventoso".

Nelle sale del cinema avvengono gli incontri importanti della sua vita, l'amicizia, quella empatica, che pare risolutiva, ma quasi mai dura l'arco di una vita, spesso subentrano eventi contingenti a dividere le persone, anche quelle che appaiono così intimamente legate:

"Dopo la sua partenza mi sentìì persa come le foglie sparpagliate dal vento".


Oppure l'amore, casuale e inaspettato, che sembra trasformare la realtà in un sogno, la vita in un film, appunto.

"Ah! La vita nei film è meravigliosa!"


Ma la vita è un'altra cosa, non basta la volontà di trasformarla in un set cinematografico, non è sufficiente condividere le proprie passioni, quando ognuno è divorato dalle proprie mancanze e si tenta di colmare reciprocamente le rispettive solitudini.



Ci si trova proiettati fuori dal campo visivo dell'altro senza rendersene conto. Silenzi, distanze, incomprensioni, hanno una trama nebulosa e poco chiara, che offusca il pensiero, e ci si trova ad assistere come spettatori impotenti di un film in cui fino a poco tempo prima si aveva una parte importante.


"A poco a poco lui stesso divenne un film che potevo solo guardare, ma di cui non facevo più parte".


"Lui stava attraversando una tempesta nel film della sua vita, e io non ero altro che il pubblico attonito e spaventato davanti allo schermo".

Il cinema sa essere una metafora meravigliosa della vita che però mai corrisponde alla vita stessa.


Quella vita che procede circolare nel suo errare dritto e itinerante, che porta al ripetersi di situazioni, come le maglie di una catena che si aggiungono di volta in volta. Così la protagonista diventata donna andrà al cinema con sua figlia, aggiungendo storia alle storie, nuove mancanze alle assenze, a quella della mamma (nonna) si aggiungerà quella del marito (padre), alimentando nuove sogni e speranze di convolare al giusto finale che dia un senso compiuto alla sua esistenza.


Accettando i propri limiti e imparando a convivere con sé stessi, anche la vita può essere meravigliosa e prospettare finali a sorpresa. Nell'avvicendarsi delle situazioni che spesso portano a vedere le cose da diverse angolature, il cerchio della vita ritrova il suo centro. Liao suggerisce un finale da film che non vi sveliamo, invitandovi a prendere questo meraviglioso albo in mano.


Il libro, dedicato a "Nowhere Man" e in omaggio al cinema, contiene alla fine un ringraziamento ad una serie di film e registi che hanno accompagnato l'autore nella realizzazione del libro. Tra questi, io sento una particolare influenza dello sguardo di Wong Kar-Wai nel modo di narrare di Jimmy Liao, nella sua singolare capacità di descrivere il fluire del tempo e i suoi riflessi nelle esistenze dei protagonisti; in quell'incedere paradigmatico e onirico, portando la narrazione contemporaneamente su più piani che si sovrappongono, mescolano, confondono, infine risolvono in modo spiazzante e inaspettato. Così come il regista di Hong Kong  rappresenta una voce stilisticamente isolata nel panorama cinematografico cinese e volta piuttosto a costituire un ponte stilistico con l'Occidente (si percepisce l'influenza di un Antonioni o di un Wenders giusto per fare due nomi), così Liao pare una voce a sé stante volta a creare un legame speciale con il sentire occidentale che adora le sue opere, al contempo delicate e visionarie.


Per il nostro mondo tormentato fino all'angoscia, di fronte al senso di smarrimento, solitudine, perdita e dolore, il suo sguardo sospeso tra magia e fatalità, dove tutto ha un senso e ogni cosa trova il suo posto,  rappresenta un balsamo prezioso, inestimabile.

"L'arcobaleno del tempo" - Jimmy Liao - Terre di Mezzo

Traduzione dal cinese di Silvia Torchio - Consulenza editoriale di Luca Ganzerla

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