giovedì 2 novembre 2017

La figlia del Dottor Baudoin



“Lunedi era una terra promessa. Era dopo, dopo la nausea, dopo il dolore, dopo l’angoscia e il dispiacere. Veniva da domandarsi se il lunedi esistesse.”

Sono le ultime tre righe, a pagina 153, quando i miei occhi si velano di lacrime. Inaspettatamente. Perché per tre quarti questo romanzo, dal tono leggero, dissacrante e ironico, per quanto fitto e denso, mi aveva divertito. Ma per Violaine il tempo è ormai scaduto. Non è una scelta facile, la sua, soprattutto in rapporto alla sua giovane età. E’ una decisione che avrà, in ogni caso, ripercussioni sulla sua vita futura. Ci sono dei momenti in cui la vita ti porta a un bivio, e non hai tempo e modo  di stabilire in anticipo la bontà della direzione da prendere, puoi soltanto scegliere dove svoltare. Violaine decide di interrompere la sua gravidanza. Non sa se è la scelta giusta, ma è la sua. Forse il segreto di certi snodi esistenziali sta nei versi di Boris Cyrulnik che la Murail mette ad incipit del suo romanzo:
 
La felicità dà solo pagine bianche


Ma trionfare su una prova

Varrà bene un capitolo




Violaine affronta la prova con sé stessa, e scrive un capitolo cruciale nel suo passaggio da ragazza a donna. Forse il destino di Violaine è nel nome che richiama un colore, il Viola, enigmatico, fondo, di difficile interpretazione. Ma che suona simile a qualcosa che viene” violato”, suo malgrado. 

“La figlia del Dottor Baudoin” di Marie – Aude Murail inaugura “Le Spore”, la nuova collanza di Camelozampa dedicata alla narrativa Young Adult. E’ un romanzo denso di argomenti, dall’interruzione volontaria di gravidanza alla deontologia medica, dalla famiglia all’amicizia, dalla fiducia al tradimento all’incomprensione, dai tumori alle prevenzioni, fino a toccare una delle piaghe striscianti della nostra epoca: la solitudine che nasce dalla mancanza di dialogo, e di ascolto. Tanti personaggi si alternano sul palcoscenico, ognuno con le proprie virtù e debolezze, luci e ombre; tutto si muove in modo concatenato e senza battute d’arresto. Come valvole in un motore da corsa che si alzano e abbassano continuamente, in modo sincronico, senza dispersione. L’autrice francese, in questo, si conferma meccanico formidabile, la narrazione non picchia mai in testa, e non perde un colpo. Ma è un motore a geometria variabile, dove ogni personaggio, anche il più marginale, acquista il suo momento di centralità, anche se chiamato in causa una volta sola. Si pensi alla D.ssa Nina Broyard, così cinica nella sua lucidità, quando sferza Violaine per essersi presentata con l’amica a pianificare l’interruzione di gravidanza, all’insaputa dei suoi genitori; sebbene in alcuni passaggi appaia acida, ai limiti dell’insensibile, si fa portatrice, a sua volta, di una logica incontrovertibile.

Pensi di parlare di tutto questo con tua madre?
Non so”, singhiozzò Violaine.
Sarebbe bene che veniste qui insieme. Questa faccenda non riguarda Adelaide, capisci? Non è lei che può aiutarti in questo momento della tua vita.


Sebbene questo romanzo metta un dramma tutto femminile (l’interruzione volontaria di gravidanza) al centro della narrazione, anche le figure maschili contribuiscono in misura rilevante alla sua ricchezza, oserei dire alla piena riuscita. Si pensi al Dott. Jean Baudoin. Relegarlo a semplice uomo in carriera in crisi di mezza età, scarsamente recettivo alle istanze mosse dai suoi familiari, non rende giustizia al grande lavoro di screziate sfumature fatto dall’autrice intorno a questa figura, che ha un peso centrale nell’economia del racconto. A partire dalle sue battute fulminanti, dissacranti, sempre precise e puntuali, spesso dotate di grande acume, soprattutto quando si tratta di mettere alla berlina alcuni vizi e nevrosi delle contemporanee relazionalità familiari. Lo si intuisce fin dall'inizio, dal primo capitolo, di ritorno a casa dopo una dura giornata di lavoro. Cerise, la piccola di 8 anni, alleva maiali in una Farmville su internet; Jean – Paul che gli  chiede la carta di credito per comprare un vestito costoso; Violaine, sul divano, stretta sul cuscino, fa zapping ad alto volume rispondendo a monosillabi contraddittori: “Si ma no”. Ce n’è a sufficienza per mandare fuori di testa la più posata delle persone. Baudoin ha le sue buone responsabilità, avendo perso slancio e passione per la sua professione; visita con l’orologio in mano, prescrive alcune medicine senza prima visitare, oppure analisi inutili al laboratorio della moglie, per arrotondare;  eppure è a un uomo che, al netto della sua scientificità, vive di presagi oscuri, che a poco a poco si assiepano come nubi minacciose, minando le sue certezze. 

Ma restò con lo sguardo vuoto prima di posarlo su una foto incorniciata. Una foto che aveva scattato lui stesso a Deauville. Rappresentava Stéphanie tutta carina in un vestitino corto, tra Violaine e Pilou. Un’ondata di nostalgia sommerse il dottor Baudoin. Quel giorno, il giorno della foto, erano felici. Cos’era successo dopo?

e ancora:

Era nervoso come gli animali all’approssimarsi di un cataclisma. Gli sembrava che tutto quello che aveva rappresentato la sua vita fino a quel momento, tutto ciò che contava per lui, sarebbe andato in frantumi. Ma non sapeva da dove sarebbe arrivato il fulmine, né chi avrebbe colpito”.

Pensieri che ce lo restituiscono nella sua umana fragilità. Prima di capitolare, divorato dalle ansie, riesce a vedere sua figlia Violaine con occhi nuovi, pieni di ammirazione: perché lei è ormai una "donna", che si è fatta da sola.
  
Menzione di merito al Dottor Vianney Chasseloup. Uno che sembra muoversi a ruota, sulla scorta degli altri protagonisti, destinato a vivere di luce riflessa, emerge poco a poco, alla distanza; in questo infernale Acheronte di convulsa schizofrenia, si fa traghettatore di umanità. Onorando quel giuramento di Ippocrate appeso allo studio, che legge e ripete ogni mattina, prima di iniziare le visite. Lui che ascolta le magagne familiari dei pazienti sfiduciati e stanchi, inascoltate da Baudoin; loro, che hanno bisogno di conforto e comprensione, più che di medicine. Finendo, suo malgrado per sottrarre i pazienti all’illustre collega. Lui che fa la spola tra lo studio di medicina generale e il centro di pianificazione familiare. Chasseloup “occhi d’asino” c’è sempre nei momenti che contano. Che si tratti di operare d’urgenza Violaine, colpita da emorragia; o salvare la vita al collega Baudoin, colto da infarto, rianimandolo con un massaggio cardiaco, chiamando tempestivamente i soccorsi per il ricovero in ospedale. Saprà trasformare un  si ma no” in un “no ma si”?

La bravura di Marie-Aude Murail, in fondo, sta in questo; non ci sono vincitori né vinti, comparse e protagonisti assoluti. Ognuno è portatore sano di istanze, che per giungere a compimento, richiedono il contributo decisivo di qualcun altro. Sono vite che si incrociano, cammini paralleli che si intersecano. Esperienze che si incastrano. Un romanzo “corale” a tutti gli effetti, anche nella declinazione delle emozioni. Dal riso al pianto in un batter di ciglio. Talvolta col ghigno beffardo di chi, dalla vita, non si fa mettere spalle al muro, ma sa opporvi, sempre e comunque, un sorriso.  

Degna di nota la traduzione di Sara Saorin; a lei il difficile compito di restituire la musicalità dell’originale. Direi che l'ardua impresa è riuscita alla perfezione.

La figlia del Dottor Baudoin” – Marie-Aude Murail - Camelozampa

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