“Giro girotondo
casca il mondo
casca la terra
tutti giù per terra”.
Scriii. Rumble Rumble.
Trattrattrat. Rum Rum. Tre Tre Tre Rat Rat Rat, Tlak Tlak. Crash.
(Sei tu?) (Si?). (Ora passa).
(Ora passa).
Terremoto significa che “ci
terremo il moto”, dentro, per lungo tempo. Perché a distruggere basta un
attimo. A costruire, le case, un lavoro, un’identità, a volte ci vuole una vita
intera.
Soprattutto in quei luoghi, “dove
le pecore non vanno al mare”. Dove famiglia, casa e lavoro sono una cosa sola.
“Ho sempre vissuto in montagna, che vado a fare al mare? Porto le pecore al
mare”?
Ma non è solo per gli animali,
che danno da mangiare e ti fanno guadagnare da vivere. Il brutto del terremoto
non sta solo nelle case che crollano e il lavoro che perdi, ma anche nel limbo in cui cadi dopo, che
spesso produce “sradicamento”. Si possono perdere le foglie, si possono potare
i rami, ma che succede se ti strappano le radici da terra?
“Dove si prova a stare in piedi”.
Anche se non è facile. Perché devi abituarti a convivere. Perché non sai più
dove andare a giocare, che nel campo di calcio ci hanno messo le tende, là c’è
la zona rossa e non ci puoi andare. Ma io devo cercare Artù, era il mio cane,
stava in garage.
“Non me ne importa un bel
niente, io ci vado! Devo cogliere quello che c’è da cogliere, e strappare
quello che c’è da strappare”
“Un orto è una benedizione in
mezzo alla guerra” E “una piccola scintilla può accendere un grande
fuoco”.
Ogni tanto ti prende uno scatto
di rabbia, e tiri un sasso alla finestra di una casa crollata. Tanto verranno
altre scosse a finire il lavoro, a fare Tlak Tlak Rumble RatRatRat.
Allora capisci che “siamo
tutti sul dorso della tartaruga”. Nel suo guscio lei si sente sicura. E voi
bambini, dove vi sentite sicuri? In tenda, in palestra, forse in roulotte.
“Dove d’un tratto fa molto più
freddo”. E’ bella la neve quando, dopo
aver fatto un pupazzo e tirato le palle ti rifugi nel caldo guscio della tua
casa. Ma è più difficile in una tenda o in un container, il freddo ti entra
nelle ossa. E’ più difficile lavorare, portare assistenza, sgombrare le
macerie.
Dobbiamo riaprire la scuola.
Perché a scuola si “copia una poesia e si aguzza la vista”. Ascolta.
“Hai colto un papavero
e un fiore di carota selvatica.
Hai detto che non
Dureranno però tu li
Hai colti e li hai messi in
Un piccolo vaso.
Lo so. Me l’hai detto.
Che non dureranno
Ma io continuo a guardarli.
Come qualcosa che dura”.
“Dove si fa quel che c’è da
fare”. Scavare nelle proprie macerie interiori per estrarre i ricordi sepolti
che ci ostiniamo a mantenere vivi. Per salvare il salvabile.
Una vaso rotto non si ripara, non
tornerà più come prima. Certe ferite non si rimarginano. Ma anche le ferite
servono a qualcosa. A ricordarci che ce l’abbiamo fatta, ne abbiamo superate
tante e supereremo anche questa. Se noi proviamo a riparare il vaso, e le crepe
e i tagli le dipingiamo color oro, verranno dei disegni bellissimi, tutti
diversi, a loro modo unici. Proviamo.
La “Zona Rossa” è una graphic
novel scritta da Silvia Vecchini e illustrata da Sualzo, che mette insieme il
punto di vista miracolato degli adulti con quello miracoloso dei bambini. Tre
ragazzi, Matteo, Giulia e Federico si muovono all’interno in un paese
terremotato, tra le cose che non ci sono più, e quelle che ci sono ancora. Tra le
cose che cambiano, quelle importanti che sopravvivono e si trasformano,
nonostante tutto. L’amicizia pianta nuovi semi e apre nuove strade, là dove
restano in piedi solo le cose che nella vita contano davvero. Come i rapporti
umani e sociali, che nella quotidianità vengono sempre più trascurati.
La “zona rossa” coniuga una
triste realtà (il cuore di un paese lesionato e pericolante dove di norma è interdetto l'accesso) con una potente metafora: la “zona rossa” è l’essenza delle
cose, il cuore dei rapporti danneggiati e da ricostruire, dei punti di vista
pieni di incanto e spesso smarriti nella fretta; è quello che in fondo conta
davvero, nella vita di ognuno.
Sebbene la storia sia di pura
fantasia, tra le macerie respirano luoghi autentici, che ambiscono a tornare a
vivere come un tempo, prima del terremoto; perché Sualzo nei suoi disegni ha
riprodotto e seminato diversi scorci di alcuni paesi danneggiati nel sisma del
2016. Ci sono angoli di Norcia, Camerino, Visso, e altri luoghi ancora.
Silvia e Antonio dedicano questo
libro:
A chi ha perso
qualcuno
A chi ha perso la
propria casa
A chi ha sentito
muoversi la grande tartaruga
A chi ha conosciuto
la paura
A chi per mille
ragioni è ancora ferito
A chi nonostante
tutto guarda un papavero
Come qualcosa che
dura
A chi ogni giorno fa
combaciare i propri frammenti
Senza dimenticarsi
dell’oro.
Al libro è abbinato un progetto. Per ogni copia venduta de "La zona Rossa" l'editore il Castoro devolverà un euro per creare e sostenere un laboratorio teatrale per bambini e ragazzi a Montefortino, piccolo comune marchigiano duramente colpito dal sisma, che avrà come finalità quella di realizzare uno spettacolo ispirato al libro. Un laboratorio di recitazione per ricostruire a partire dalle emozioni, dai sogni e dalle speranze dei più piccoli. Il progetto è stato ideato dall'editore insieme ai due autori, in collaborazione con la Onlus Altotevere senza frontiere di Città di Castello (PG).
P.S.- La poesia citata è “Un papavero”
di Walter Cremonte, contenuta in Con amore e squallore, "Associazione
culturale la Luna", 2016
"La zona rossa" - Silvia Vecchini, Antonio "Sualzo" Vincenti - Il Castoro
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