L’oro nasce dall’argento,
il rosso dal bianco, il sole dalla luna,
una coscienza più chiara dalla follia.
James Hillman
Mino invece sembra provenire dalla
notte dei tempi, che è poi l’alba di tutte le letterature. Un personaggio a
tratti surreale, onirico, sospeso tra la radiosità della sua bontà d’animo, e
il buio di certi scatti d’ira, che non si capisce da dove provengano, violenti sferzano come folate, poi passano. Mino che vive con la nonna, parla con la natura,
capisce il linguaggio dei fiori e dei pesci. Mino che ogni giorno si reca al
ponte sospeso, lungo 227 metri, alto 36, un ponte che spaventa molti. Lui ci
corre sopra, lo attraversa ad occhi chiusi, lo fa ondeggiare, spaventando le
persone che vi si trovano a transitare sopra; spaventa tutti, tranne i bambini,
che giocano a passargli tra le gambe. Sul ponte Mino sente le “voci”, soprattutto
la voce della Luna che gli dice cosa fare. Mino che ha un sogno: apparecchiare
una tavolino in mezzo al ponte, con tovaglia e fiori, e due sedie, per invitare
una ragazza coi lustrini, luminosa come
una stella, e fare merenda insieme. Mino ha anche una visione, suggerita dalle
voci interiori, che suona come una missione: attraversare il ponte camminando
ad occhi chiusi sul parapetto, sospeso come un funambolo, fino all’altra parte, dove è celato il suo
tesoro.
“Che fossi un sogno, che tutto attorno a me fosse irreale, lo
immaginavo a volte, ma solo di notte, quando ripensavo alla voce della luna che
mi parlava di giorno, e mi chiedevo come fosse possibile, e allora quasi non ci
credevo. Così di notte, se la luna era piena e silenziosa, la osservavo a lungo
con il naso schiacciato sul vetro della finestra della mia camera, nella
speranza che lei mi parlasse. Ma le voci che giungevano dalla luna e dagli
altri astri si facevano udire chiare e squillanti solo alla luce del sole.”
Il ponte sospeso e il baratro
sono metafore forti e suggestive, per esplorare le fasi della crescita e i suoi momenti di transizione; ma per costruire un romanzo ci vuole ben
altro. Qui sta l’abilità di Emanuela Nava, che dall’infanzia conosce stupore e incanto,
e sa trasporlo, intatto, nelle turbe dell’adolescenza che potente si dispiega.
Questo è un libro denso, ma contrariamente a quanto si pensi, non è un libro
lento; semmai una storia che invita il lettore a non avere fretta, e coltivare
il proprio tempo. Per osservare il mondo che respira intorno; per gettare un ponte verso l'interiore, trovando anche il coraggio di attraversarlo. Un testo pieno di riverberi fondamentali. E
personaggi indimenticabili. Come il guardiano delle oche:
“Vedo che sei molto preciso, ragazzo. Ma non hai visto ancora niente. Le oche quando volano
non contano i metri.”
Alle volte occorre rovesciare la morte per tornare alla vita, e spiccare il volo.
"E non hai visto ancora niente" è un libro carico di suggestioni, scoperte e misteri. Un libro per chi non cerca risposte, ma si pone domande. Per lettori che non hanno fretta di arrivare. Perché attraversare il proprio interiore impone di fermarsi ad ascoltare. Un libro che già a partire dal titolo sembra gettare un guanto di sfida. Il migliore dono che potete farvi è raccoglierla, e attraversare le vostre paure, sospese nel vuoto, sotto un cielo stellato di sogni, sopra un fiume gorgogliante di voci.
Alle volte occorre rovesciare la morte per tornare alla vita, e spiccare il volo.
"E non hai visto ancora niente" è un libro carico di suggestioni, scoperte e misteri. Un libro per chi non cerca risposte, ma si pone domande. Per lettori che non hanno fretta di arrivare. Perché attraversare il proprio interiore impone di fermarsi ad ascoltare. Un libro che già a partire dal titolo sembra gettare un guanto di sfida. Il migliore dono che potete farvi è raccoglierla, e attraversare le vostre paure, sospese nel vuoto, sotto un cielo stellato di sogni, sopra un fiume gorgogliante di voci.
"E non hai visto ancora niente" - Emanuela Nava - Tralerighe
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