C’è uno scaffale della libreria a cui sono legato in modo particolare.
Ci sono impilati una serie di albi illustrati dai colori tenui, che
sulla costina recano una dicitura: “Ho bisogno di una storia”.
Sono tutte storie destinate ad essere a loro modo speciali, perché
trattano situazioni delicate e particolari, quali la diversità, la
malattia, la morte di un familiare, i maltrattamenti, la separazione dei
genitori. Molti di questi testi sono legati a progetti promossi da
associazioni operanti nello specifico campo sociale trattato da un
determinato libro.
Tra tanti bei libri ce n’è uno più speciale degli altri.
Perché quando lo apri, trovi questa dedica:
“Questa storia è per quei bambini e quei grandi che non si
accontentano di essere uguali e che non hanno paura di essere diversi”.
Protagoniste della storia sono due bambine, Viola e Mimosa, che sono
due colori, ma anche due fiori. Viola, la sorellina più grande, è la
voce narrante cui è affidato il difficile compito di osservare e
spiegare, con i suoi occhi e a parole sue, quella che è a tutti gli
effetti una situazione particolare: l’arrivo di una sorellina affetta da
sindrome di down. In una cornice di tensioni, amarezze, sconforto, dal
padre che guarda fuori dalla finestra, una nonna che piange, l’altra che
non si presenta nemmeno perché non vuol saperne di vedere quella nipote
affetta da problemi di salute, la piccola Viola sembra l’unica, in
famiglia, a mantenere il candore e la lucidità necessaria per leggere e
affrontare la situazione. Viola è un’attenta osservatrice, e capisce
subito, dalle reazioni dei familiari, che sua sorella è “diversa” e
forse ha qualche problema. Viola è solo una bambina, ma non è ingenua, e
lo capisce che c’è qualcosa che non quadra.
“A casa però qualcosa non andava.
Il papà una sera non è tornato a dormire. Ho chiesto dov’era e la mamma
ha detto che era via per lavoro, ma io lo sapevo che non era vero,
perché lui fa il professore di scuola e non va mai via per lavoro tranne
quando c’è la gita, e allora ce lo dice.
E comunque la mamma
l’ha detto con una voce piccola che non era la sua, così ho capito che
era una bugia, o una cosa che non voleva dirmi.”
Attraverso gli
occhi di Viola, l’autrice Beatrice Masini ci mostra come, agli occhi dei
bambini, la “diversità“ non costituisca di per sé un “problema”, semmai
una fonte di curiosità e scoperta, un’opportunità di confronto e di
crescita.
Attraverso la bocca di Viola, Beatrice ci regala delle autentiche perle di assorta contemplazione e incantato lirismo.
“Mia sorella ha qualcosa che non va dentro il cuore. Una cosa che non
funziona bene. A me pare che il suo cuore sia a postissimo così com’è,
perché vuole bene a tutti e sorride a tutti e vuole fare amicizia con
tutti. Forse il suo problema è che ha il cuore troppo grande.”
Man mano che la storia si dipana Viola si cala a pieno titolo nel ruolo di sorella maggiore.
Come quando Martino, il compagno di classe più odioso, dopo averla
presa in giro, se ne è uscito con un’esclamazione infelice: “Tua sorella
non è normale”, per poi correre via, per paura di prenderle.
“Tanto prima o poi lo becco, Martino”.
Qui Beatrice Masini è magistrale. Le parole che mette sulle labbra di
Viola, costano qualche lacrima, ma da sole valgono l’acquisto del libro.
“E comunque ha ragione. Mia sorella non è normale. Lei è speciale.
Essere normali vuol dire essere uguali: come i fili d’erba, come i
trifogli in un prato. Mia sorella invece è un quadrifoglio.
I
quadrifogli sono rari e sono diversi. Sono rari perché sono diversi.
Sono diversi perché sono rari. Tutti vorrebbero trovarne uno, ma ci
riescono in pochi. I quadrifogli portano fortuna. Noi abbiamo la fortuna
di averne uno tutto nostro: Mimosa, il quadrifoglio.
Mi piace
pensare che il mondo sia un posto dove tutti siamo speciali. Io sono
speciale a fare i disegni, per esempio. Il papà è speciale quando fa la
pizza. La mamma è speciale quando legge le storie. Mimosa è speciale a
sorridere.
E’ la cosa che le viene meglio. Siamo tutti diversi e
siamo tutti speciali. In un prato c’è posto per tutto: i quadrifogli, le
farfalle, le coccinelle, le formiche, i fiori. Anche nel mondo
dev’essere così.”
Che è poi il succo di tutto il discorso. La
diversità che non deve costituire un problema, semmai un’occasione di
arricchimento reciproco, dove ognuno fa tesoro della propria specialità e
la mette a disposizione dell’altro.
Ci vuole stoffa e tanto
cuore e tatto per scrivere una storia del genere, e Beatrice Masini ce
l’ha, se è vero che buona parte di questi albi appartenenti alla collana
“Ho bisogno di una storia” portano la sua firma.
Le
illustrazioni portano la firma di Svjetlan Junaković e corrono veloci e
fugaci, accompagnando in modo leggero e arioso le riflessioni della
piccola Viola che osserva i comportamenti della sorellina Mimosa. Più
tese ad esaltare il dinamismo che non l’assorta contemplazione: in
quanto tali, fungono da perfetto contraltare alle parole sapide della
Masini.
C’è una cosa che amo particolarmente di questo libro.
Tanto nei testi che nelle illustrazioni, scorgo la delicata discrezione
di una storia raccontata “in punta di piedi”, quasi a non voler
disturbare, quasi a volersi scusare se, una volta tanto, oggetto della
narrazione non sono quei momenti spensierati e ludici così congeniali al
mondo dell’infanzia che vorremmo far vivere ai nostri bambini.
Questo è il punto. Capita, non di rado, in imbattersi in volumi scritti e
illustrati ad arte, che ammiccano in modo un po’ scenografico e
ruffiano, facendo leva sulle facili commozioni.
“Mia sorella è un quadrifoglio” è un libro autentico, senza effetti speciali e senza secondi fini.
Tanto basta, sinceramente, per farmelo amare.
"Mia sorella è un quadrifoglio" - Beatrice Masini, Svjetlan Junaković - #Carthusia